Le Esposizioni Universali | Il Reale Istituto d'Incoraggiamento.
Industria ed innovazione
Abbiamo già avuto modo di considerare, per il telegrafo inventato dal prof. Palmieri, le difficoltà che la realtà economica ed industriale dell’Italia della seconda metà dell’Ottocento poneva sulla strada della ricerca e dell’innovazione tecnologica.
Dal Piemonte sabaudo alle Due Sicilie, passando per il Lombardo Veneto ed il Gran Ducato di Toscana la società esprimeva un grande fermento culturale e scientifico tuttavia, l’assenza di capitali pronti a scommettere sull'inventiva di tecnici, meccanici e scienziati, limitò lo sviluppo tecnologico.
In un panorama internazionale in cui la globalizzazione in atto impose manufatti e tecnologie delle grandi potenze commerciali ed industriali, le due Sicilie s'orientarono verso il recupero di posizioni rispetto alle nazioni dalle quali importava queste tecnologie.
Il governo napoletano adottò una politica di stimolo verso ogni possibile iniziativa manifatturiera agendo attraverso il protezionismo doganale [1], l'assegnazione di forti commesse di lavoro statali, condizioni di favore per l’imprenditoria straniera, una bassa imposizione fiscale, la concessione di privative industriali e commerciali e la realizzazione di impianti industriali di proprietà pubblica.
Esauritasi la funzione propulsiva delle “Accademie”, quali veicolo di promozione della tecnica da applicare nei vari campi dell’economia, l’Ottocento vide l’affermarsi delle “Società d’incoraggiamento” il cui fine fu di introdurre innovazioni ritenute utili dalla società ed il loro trasferimento nella produzione manifatturiera, l'agricoltura, il commercio, i trasporti, etc. Simili istituzioni si stavano diffondendo in tutta Europa, ed il governo delle Due Sicilie riconobbe in esse un moderno ed efficacie veicolo per lo sviluppo della vita economica del regno.
A Napoli, la "Giunta delle migliorazioni delle manifatture del Regno", creata nel 1800 da Ferdinando IV, sin dalla sua costituzione s'occupò, tra l'altro, di procurare norme ed indirizzo alla filatura del cotone, del lino e della canapa, introdusse a Castellammare di Stabia la coltivazione della robbia, lavorò al miglioramento delle razze equine, cooperò al perfezionamento della famosa tinta detta "Nero di Napoli", ricercatissima all'estero sin dal XVI secolo, inviò a Grenoble Giovanni Lo Forte per apprendervi l'arte dei guantai, dando principio ad una eccellenza industriale di livello europeo oggi, purtroppo, in gran parte perduta.
Con l'occupazione francese del regno, il decreto del 22 giugno 1806 riformò la "Giunta" trasformandola in "Regal Società d'Incoraggiamento". Principale promotore della riforma fu il colonnello Augusto Ricci, ed il nove luglio del medesimo anno, con il mandato di approvare gli statuti della "Regal Società", si riunirono per la prima volta, alla presenza del Ministro degli Interni Miot, gli scienziati Nicola Andria, Giovanni Bonnet, Giuseppe Capecelatro, Francesco Carelli, Guglielmo Cottrau, Domenico Cotugno, Francesco Daniele, Melchiorre Delfico, Giuseppe Galante, Antonio Paroisse, Vincenzo Petagna, Vincenzo Ramondini, Augusto Ricci, Carlo Rosini e Antonio Sementini. Il 6 novembre 1810 un nuovo Decreto ne mutò la denominazione in "Reale Istituto d'Incoraggiamento alle Scienze Naturali ed Economiche" stabilendone lo statuto che conferì all'istituzione un impronta più scientifica orientata, soprattutto, alla ricerca di materie prime, un genere necessario sia all'industria che all'espansionismo militare di Napoleone Bonaparte. In un secondo momento, il Reale Istituto fu riorganizzato ripartendone le competenze in cinque classi: "matematica ed arti che ne dipendono", "fisica, chimica ed arti che via hanno attinenza", "storia naturale con le sue applicazioni", "medicina e veterinaria", "economia civile e rurale".
Nonostante le promesse del decennio francese, l'Istituto non ebbe la dovuta attenzione da parte del governo, il suo presidente non riuscì neanche ad ottenere una sede per le adunanze dei soci che dovettero svolgersi errando di luogo in luogo, dal Ministero dell'Interno, alla biblioteca del Gesù vecchio, dalla biblioteca di San Francesco di Paola, alla casa dello stesso presidente, il cav. Vincenzo Coco.
Solo con il rientro dei Borbone sul trono di Napoli, l'Istituto ebbe un nuovo statuto ed una sua sede, dapprima nell'abolito convento di San Pietro a Majella, dal 1825 in quello di Monteoliveto, dal 1847 nel palazzo del Duca d'Andria in largo San Marcellino ed infine, dal 1851, nell'edificio che oggi ospita il teatro Bracco in via Tarsia, nel quartiere di Montesanto, ove rimase sino allo scioglimento.
Ferdinando I, con la promulgazione dello statuto per il “Reale Istituto d’incoraggiamento”, emanato il 25 settembre 1821, trasformò l'istituzione in un organismo economico con il compito di promuovere l’industria, non solo nella provincia di Napoli, ma in tutte le tutte le province regnicole. Di fatto, l'azione del sovrano fa sì che egli possa non solo considerarsi come il restauratore del R. Istituto d'Incoraggiamento, ma come il vero fondatore della sua grandezza (E.O. Mastrojanni, "Il Reale Istituto d'incoraggiamento di Napoli" 1907).
La fisionomia dell'Istituto si trasformò in senso decisamente meno scientifico e molto più pratico dovendo traguardare tutte le possibili applicazioni della scienza e della tecnologia al progresso della vita economica delle due Sicilie. Per accompagnare le scelte governative, l'Istituto ebbe funzione di organo consultivo di Stato, esercitata attraverso ricerche condotte all'estero, con l'invio di corrispondenti nei paesi europei per assumere informazioni su scoperte scientifiche, innovazioni tecnologiche, miglioramento delle tecniche e dei metodi di lavoro nei vari campi, inchieste, relazioni e proposte che ebbero come interlocutori privilegiati i Ministeri dell'Agricoltura, dell'Industria e del Commercio.
Le classi di competenza furono ridotte a due: la prima detta "d'economia rurale" per "l'agricoltura, la pastorizia ed i rami che ne dipendono", la seconda "d'economia civile" per "le arti, le manifatture, il commercio e le scienze ausiliarie". Il Decreto del 26 aprile 1834, su suggerimento dell'Istituto stesso, modificò ulteriormente le classi di competenza che divennero quattro: 1.a Classe, scienze matematiche con otto soci ; 2.a Classe , scienze fisiche con sedici soci ; 3.a Classe, scienze economiche con otto soci ; 4.a Classe, arti, manifatture ed industrie, con otto soci. Con il medesimo provvedimento furono indicati anche i requisiti per i candidati ai posti di socio ordinario ovvero: opere pubblicate ed applaudite, memorie lette all' Istituto ed approvate, nella invenzione d'una macchina di sperimentata utilità, secondo le classi cui dovevasi provvedere il posto accademico.
Un nuovo e definitivo aggiornamento dello statuto, disposto dal Decreto del 13 ottobre 1856, intervenne anche sulle classi di competenza portandole da quattro a sei: 1a Classe Matematiche pure e miste, 2a Classe Fisica e Chimica, 3a Classe Zoologia, Botanica e Mineralogia, 4a Classe Tecnologia, 5a Classe Agricoltura, Pastorizia e Veterinaria, 6a Classe Scienze Economiche. Nelle tornate del Real Istituto del 13 gennaio 1859 e 19 gennaio 1860, le classi furono suddivise in sezioni affinché le scienze a cui si riferivano, potessero essere effettivamente rappresentate dai vari rami accademici.
Una seconda autonoma sede dell'Istituto di agricoltura, arti e manifatture fu aperta a Palermo nel 1831, (Decreto n. 621 del 9 novembre), con sede in via di porta di Termini (oggi via G.Garibaldi) nel palazzo Burgio del duca di Villafiorita, di cui fu segretario generale perpetuo l'abate Emmanuele Vaccaro. Il medesimo decreto stabilì la costituzione di tre Reali Società Economiche, una per ciascuna Valle (Val di Noto, Val di Mazara e Val Demone).
I due Istituti d'Incoraggiamento ebbero un presidente, un segretario e tre ordini di soci: ordinari, onorari e corrispondenti. Gli ordinari erano divisi per classi di competenza, ciascuna classe ebbe un presidente e un segretario.
Sul profilo dell’Istituto, descritto nell'Almanacco Reale del Regno delle Due Sicilie dell’anno 1855, si legge: “Per ottenere l’importante scopo della floridezza e della prosperità nazionale, trovasi organizzata sì nell’una, che nell’altra parte del regno una istituzione diretta a promuovere l’economia pubblica e privata, l’agricoltura e le arti, col sussidio delle scienze utili, come sono le matematiche, la fisica, la chimica e la storia naturale, e mediante le notizie e le scoperte che si possono raccogliere dalle diverse provincie del regno”.
Accanto e a supporto delle attività del Reale Istituto d’Incoraggiamento, in tutti i capoluoghi di provincia, eccetto Napoli e Palermo, furono promosse “Reali Società Economiche” composte da soli soci ordinari. Nei Comuni fu instaurata una “Commissione Economica”, composta dal sindaco e da altri due membri. Le "Società Economiche", diretta filiazione delle "Società Agrarie" istituite nel 1810, assunsero tale denominazione dal 1812, ed ebbero definitivo ordinamento con il decreto del 26 marzo 1817 che ne stabilì le competenze, sia per l'economia rurale che per quella civile.
Tutte queste istituzioni, in corrispondenza tra loro, si scambiarono idee, notizie ed osservazioni, poi discusse dai due istituti centrali che assumevano le decisioni ritenute più idonee per raggiungere gli scopi statutari. Collaborarono attivamente allo sviluppo commerciale ed industriale delle due Sicilie anche le Camere di Commercio delle varie provincie, ed in particolare la Camera di Commercio Consultiva di Napoli, la rete diplomatica all'estero, costantemente impegnata in indagini economiche e commerciali e a raccogliere informazioni e notizie tecniche, ed infine le due commissioni di statistica, la prima istituita in Sicilia nel 1832 come Direzione Centrale di Statistica con sette direzioni provinciali, la seconda, nel 1851 per la parte continentale del regno, con la denominazione di Commissione Statistica Generale.
Annesse alle sedi di Napoli e Palermo, furono aggregate una biblioteca, un archivio, un gabinetto di macchine atte al miglioramento dell'industria, ed un gabinetto di saggi di manifatture, strumenti ed oggetti agricoli. Il resoconto periodico dell'attività svolta fu raccolto e pubblicato in volumi detti "Atti" mentre, annualmente, le classi delle sedi centrali presentavano all'approvazione reale un concorso con premio in denaro per la realizzazione di uno o più progetti di pubblica utilità. La figura di un ispettore degli stabilimenti d'arte e manifatture, fu istituita all'interno degli Istituti d'Incoraggiamento di Napoli e Palermo, con il compito d'ispezionare periodicamente le attività incentivate, per verificarne la conformità e prevenire frodi ai danni dell'Istituto stesso.
Una delle funzioni affidate all'Istituto riguardò la concessione di brevetti (patenti) per invenzioni, per il perfezionamento di macchine esistenti o per l'introduzione di macchine provenienti dall'estero. Colui che presentò un’invenzione, per qualsiasi ramo dell’industria, la navigazione, il commercio o l’agricoltura, così come colui che volesse introdurre per primo nel regno una scoperta o una invenzione, o produrre un perfezionamento/modifica di una precedente invenzione, poté godere della concessione di una privativa (esclusiva commerciale).
La domanda di concessione doveva essere rivolta alla Real Segreteria di Stato dell'Interno la quale ne avrebbe curata la pubblicazione sul Giornale Ufficiale, prima dell'eventuale accoglimento sancito da decreto reale, dimodoché s'offriva a chiunque l'opportunità di reclamare eventuali diritti.
La privativa, accordata in modo pressoché gratuito, ebbe una durata massima di cinque anni, prorogabili a dieci o quindici anni per ragioni di pubblica utilità. Sino allo scadere del periodo di privativa, al beneficiario fu assicurato il diritto legale all'esclusiva industriale e commerciale, trascorso il quale chiunque avrebbe potuto utilizzare il ritrovato.
Al Reale Istituto d’Incoraggiamento fu delegato il compito d’esaminare le richieste di privativa pervenute presso la Real Segreteria di Stato dell'Interno, a tal fine una commissione d’esperti fu incaricata di valutare i disegni, la descrizione tecnica, l'eventualmente prototipo dell'invenzione, oltre che la fattibilità pratica e l'utilità di quanto proposto. Superato il giudizio tecnico, la pratica passava alla Consulta di Stato, per una valutazione d'opportunità politica e amministrativa delle privative richieste. La decisione della Consulta, a volte in aperto contrasto con le ragioni economiche ed industriali, poteva modificare/annullare il responso dell'Istituto d'Incoraggiamento. Infine, acquisito il parere positivo della Consulta, la pratica passava al Consiglio Ordinario di Stato per l'approvazione sovrana. Un percorso burocratico, di certo non breve, oggetto di dibattito tra gli economisti del regno per una, anche radicale, modifica del sistema delle privative. La discussione trovò sponda anche negli organi di governo, preoccupati dalla possibilità che troppe concessioni, favorissero il monopolio di alcuni, ingessando la vivacità produttiva ed economica del regno. Un altro versante di pensiero, rappresentato da eminenti esponenti del mondo economico ed accademico, come Bianchini, Cagnazzi, Liberatore ed altri ritennero, invece, che le privative, unitamente alle iniziative di protezionismo dello Stato, fossero necessarie al rafforzamento dell'ancora troppo debole sistema industriale del paese.
PRIVATIVE CONCESSE NEL REGNO DELLE DUE SICILIE DAL 1810 - 1860 | ||
N. | Articolo | N.Privative |
1 | Settore minerario e apparecchi relativi ......................................................... | 29 |
2 | Motori e macchinari ................................................................................... | 16 |
3 | Macchine idrauliche ................................................................................... | 14 |
4 | Apparecchiature, strumenti ed ordigni diversi ................................................. | 25 |
5 | Prodotti chimici, alimentazione, igiene ed apparecchi relativi ........................... | 57 |
6 | Macchine e strumenti per l'agricoltura .......................................................... | 24 |
7 | Mezzi di comunicazione terrestre e marittima ................................................ | 22 |
8 | Mulini ..................................................................................................... | 17 |
9 | Macchine di precisione e fisiche ................................................................... | 11 |
10 | Illuminazione ............................................................................................ | 5 |
11 | Armi e munizioni ....................................................................................... | 5 |
12 | Vetreria, ceramiche e materiali per l'edilizia .................................................. | 29 |
13 | Tipografia e litografia ................................................................................. | 19 |
14 | Strumenti musicali ..................................................................................... | 6 |
15 | Industria della carta .................................................................................. | 9 |
16 | Industria tessile (seta, lana, cotone, lino e canapa) ......................................... | 43 |
17 | Industria dell'abbigliamento ........................................................................ | 13 |
18 | Industria Pelletteria ................................................................................... | 10 |
19 | Varie ....................................................................................................... | 11 |
Totale delle privative concesse dal 1810 al 1860 .............................................. | 365 | |
Totale delle privative concesse dal 1830 al 1860 .............................................. | 264 | |
Fonte: Collezione Leggi e Decreti del regno delle due Sicilie dal 1810 al 1860. |
La possibilità di trasformare in reali iniziative industriali e commerciali le invenzioni a cui furono concessi "premi" fu possibile solo in presenza di finanziamenti pubblici erogati per le iniziative reputate di pubblica utilità, o per una adeguata capacità finanziaria del proponente, per altri, nonostante la validità e l’originalità, la realizzazione dei progetti rimase solo sulla carta. La stessa legge sui privilegi del 2 marzo 1810, col tempo mostrò i suoi limiti, non tutelando sufficientemente gli inventori dai semplici introduttori di macchine e tecnologie o dai plagiatori. I tribunali del regno si trovarono spesso in imbarazzo nel redimere cause sulla proprietà intellettuale non potendo disporre di documenti che oggettivamente provassero la paternità di un ritrovato. Inoltre, le modalità di rilascio delle patenti, richiesero dei correttivi per snellirne le procedure ed evitare abusi.
Più volte l'Istituto propose al Ministero degli Interni emendamenti alla legge sulle privative ma, una vera riforma non si realizzò, anche per i ritardi della Consulta Generale del Regno nell'emettere un parere sul nuovo dispositivo legislativo da adottare. Considerato l'avanzare del progresso tecnologico, e delle conseguenti sempre nuove richieste di patenti per invenzioni ed importazioni di macchinari dall'estero, con due successivi provvedimenti del 7 settembre 1858 e del 12 giugno 1860, il Ministero degli Interni apportò i primi correttivi alla legge del 1810 sotto forma di istruzioni impartite al Reale Istituto d'Incoraggiamento.
La prima direttiva del 7 settembre 1858, modificò la procedura di deposito dei disegni e delle specifiche tecniche per i ritrovati di cui si chiedeva privativa, le modalità furono molto più stringenti e dettagliate prevedendo la possibilità per l'Istituto d'imporre al richiedente modifiche al progetto, anche dopo la concessione della patente. Infine, la privativa sarebbe stata rilasciata solo quando il richiedente avrebbe dimostrato d'aver onorato il versamento dei diritti al regio erario. La seconda disposizione ministeriale del giugno 1860, semplificò il doppio sistema di votazione per l'approvazione della privativa, stabilendo in trenta giorni il termine massimo per proporre opposizione al rilascio della patente. Nonostante i limiti legislativi il bilancio del sistema delle privative non fu passivo, a partire dagli anni Trenta dell'Ottocento quando, con lo sviluppo tecnologico del regno le concessioni di privilegi si moltiplicarono, le privative industriali rappresentarono la via obbligata all'introduzione d'innovazioni tecnologiche che si diffusero in tutte le due Sicilie investendo, con più o meno intensità, tutti i campi della produzione [2].
Le Esposizioni di arti e manifatture
Le prime mostre industriali ebbero origine in Inghilterra nel 1751 con la fondazione della "London society of arts". L'esempio inglese fu seguito da Ginevra nel 1789, Amburgo nel 1790, infine da Praga nel 1791. Tuttavia, la prima vera mostra industriale pubblica, che segnò un modello per tutte quelle che seguirono, fu la Première Exposition des Produits de l'Industrie française, inaugurata il 4 settembre 1798 a Parigi, nel Campo di Marte.
A Napoli una prima esposizione dei prodotti agricoli ed industriali del regno, promossa nel 1801 dalla "Giunta di arti e manifatture", si svolse al Foro Carolino, l'attuale piazza Dante. Negli anni successivi le mostre si tennero nel pubblico passeggio della villa reale alla Riviera di Chiaja e l'esempio napoletano fu imitato da altri Stati della penisola: nel 1805 Torino ebbe la sua prima mostra; Milano l'ebbe nel 1806, a cui seguirono seguirono le mostre promosse dagli Atenei di Brescia, di Treviso e di Bergamo e dalle Accademie di Verona ed Udine, in Toscana, dal 1838 al 1857, si svolse l'Esposizione di arti e manifatture toscane suggerita dall'Accademia Economico-Agraria de' Georgofili di Firenze.
Durante il decennio d'occupazione francese l'esposizione di Napoli si tenne nel mese d'agosto del 1809 ovviamente, stante la situazione bellica in corso, alla manifestazione parteciparono solo gli imprenditori della parte Continentale del regno, essendo la Sicilia sottoposta al governo della casa reale napoletana.
Con il ritorno della monarchia borbonica si proseguì con l'allestimento di queste vetrine nazionali della creatività industriale, tecnologica e scientifica delle due Sicilie. Dal 1822 al 1827 si tennero esposizioni annuali dei prodotti dell'industria e degli oggetti d'arte di ciascuna delle due parti del regno con la finalità di "far conoscere il progresso delle manifatture" e di "esercitare la lodevole gara tra i manifattori". Dal 1829 al 1844 le esposizioni divennero biennali, lasciando l'anno intermedio per le annuali mostre di Belle Arti ed infine, una sovrana determinazione del 28 gennaio 1846, prescrisse che le mostre industriali si dovessero tenere ogni cinque anni, l'Istituto propose che un tale periodo iniziasse nel 1848 ma i sommovimenti politici di quell'anno ne impedirono la realizzazione. Accanto le esposizioni organizzate dall'Istituto d'Incoraggiamento, anche alcune tra le società economiche organizzarono delle esposizioni biennali su base provinciale, incoraggiando gli espositori con premi, la cui attribuzione doveva essere approvata dal Reale Istituto d'incoraggiamento.
La partecipazione degli industriali alle esposizioni nazionali, senza contare quelli distribuiti in Sicilia dal 1831, aumentò con il passare del tempo e di pari passo con lo sviluppo delle imprese manifatturiere del regno, i premi assegnati passarono dai 28 del 1810 ai 47 del 1830 per poi salire ai 117 del 1842 ed ai 326 del 1853.
Dal 1831 in poi, con la costituzione del Regio Istituto d'Incoraggiamento per la Sicilia, l'industria isolana fu esclusivamente rappresentata nelle solenni esposizioni che si tennero a Palermo, in contemporanea con quella allestita a Napoli. I cataloghi, con le premiazioni assegnate alle mostre di Napoli e Palermo, furono pubblicati a cura dei rispettivi Istituti d'Incoraggiamento.
Le esposizioni industriali, come stabilito dal Decreto del 14 settembre 1825, ebbero luogo il 19 agosto di ogni anno, con il decreto del 2 marzo 1827 la data venne posposta al 4 ottobre ed infine, con la salita al trono di Ferdinando II le esposizioni si tennero il 30 maggio, giorno onomastico del sovrano.
Negli anni 1824, 1826, 1828, e 1830 la mostra di Napoli ebbe luogo nelle sale dell'ex convento di Monteoliveto, nel 1832 fu allestita nei portici del tempio di S. Francesco di Paola, nel 1834 rientrò nelle sale di Monteoliveto, è così via, per ogni biennio fino al 1844.
Il 30 maggio 1853 si aprì a Napoli l'edizione quinquennale della “Solenne Pubblica Esposizione di Arti e Manifatture” l'evento, per dimensioni, fu il primo vero Expo dell’Italia pre-unitaria, con oltre 200 lettere d'invito a "manifattori" delle provincie continentali. All'evento parteciparono i tanti personaggi incontrati nella storia della telegrafia elettrica come Giovanni Bandieri, John de Normann, Errico Pellegrino, Filippo de Palma, Giacomo Arena ed Alessio Marone. Come di consueto, non presenziarono gli imprenditori siciliani ma nutrita fu la partecipazione degli imprenditori stranieri operanti nel regno delle due Sicilie, soprattutto svizzeri e francesi. I saggi esposti furono suddivisi in cinque sezioni: 1 - marmi, fossili, minerali ed oggetti chimici, 2 - tessuti di lana, filo, cotone e drappi, 3 - macchine, lavori di ferro, bronzo, armi e lavori d'acciaio, 4 - mobili, pianoforti e cornici, 5 - arti, ceramiche, cuoi, tipografia, ricami, oggetti di calligrafia ed altro.
L’esposizione fu allestita presso il “mercato dei commestibili”di proprietà comunale ubicato nella Strada fuori Portamedina a Tarsia”, oggi via Tarsia. Realizzato tra il 1841 e il 1845 dall'architetto Ludovico Villani, l'edificio mercatale entrò nella disponibilità del Reale Istituto di Incoraggiamento già dal 1851 quale sede dell'Istituto e dell'annessa scuola d'arti e mestieri [3], fortemente voluta dal cav. Francesco Giudice [4] ed istituita con decreto reale del 13 ottobre 1856.
In occasione della "Solenne Esposizione", l'edificio fu completamente trasformato per adattare, il mai utilizzato "mercato dei commestibili", alla necessità di disporre di più ampi spazi considerato che quelli di Monteoliveto, luogo delle precedenti edizioni, non furono più sufficienti.
La ristrutturazione completa dell’ex mercato durò alcuni anni e si svolse sotto la supervisione di una commissione tecnica diretta dal cav. del Giudice, valente direttore del Corpo dei Pompieri di Napoli, socio del Reale Istituto d'Incoraggiamento e vice segretario dello stesso dal 1855 al 1856. L'appalto per i lavori di riqualificazione dell'edificio fu affidato agli imprenditori Giuseppe e Camillo Santoro, approvato dal Ministero degli Interni con una ministeriale del 21 dicembre 1856 n. 3132, e stipulato il 10 gennaio 1857 con un stanziamento preventivo di 124.000 Ducati.
Per la Grande Esposizione, l'area dell'ex mercato dei commestibili assunse forme classiche che riecheggiarono stilemi romani, lo spazio ricavato consentì di disporre di una superficie coperta di circa 18.000 palmi napoletani (4.761 mq) suddivisa in cinque ambienti comunicanti.
Quella del 1853 fu la maggiore ma anche l’ultima esposizione delle due Sicilie, chiudendo un ciclo iniziato nel 1801.
Le esposizioni a Napoli furono sospese, dopo il 1853 fu stabilito che sarebbero riprese non appena ultimata la costruzione di un edificio dedicato ad accogliere tali mostre sul modello di Londra o Parigi. In Sicilia l'ultima esposizione biennale si tenne a Palermo nel 1857, ed a pari di quella di Napoli del 1853, volle offrire un dettagliato panorama della condizione manifatturiera ed agricola dell'Isola. Pietro Cirino, presidente del Reale Istituto d'Incoraggiamento d'Agricoltura, Arti e manifatture per la Sicilia, e consigliere della suprema Corte di giustizia di Palermo, inaugurò l'Esposizione de' Prodotti d'Industria Agraria Siciliana e Manifatturiera il 31 luglio 1857, giorno "natalizio di S.M. la Regina". L'esposizione palermitana vide una notevole partecipazione d'espositori provenienti da diversi ambiti produttivi, come l'industria serica, quella cotoniera, industria meccanica, mobilifici, fabbriche di pelli, manifatture di rame, fabbriche di cioccolata, prodotti chimici, etc. Tra gli artefici più solerti di quest'ultima solenne esposizione, va ricordato un illustre personaggio catanese, il prof. Francesco Tornabene Roccaforte, priore Casinese, vice presidente della Società Economica della provincia di Catania, botanico, docente universitario, fondatore e direttore dell'Orto Botanico di Catania, vice segretario dell'Accademia Gioenia di Scienze Naturali di Catania.
Le esposizioni al di là ed al di qua del Faro, furono per l'economia del regno, non solo uno stimolo le attività produttive nazionali, ma crearono anche nuovi e più intensi contatti economici tra le singole provincie, contribuendo a scuoterle dal letargo economico-sociale in cui giacevano (Anna dell'Orefice 1973 Op. Cit.). Le vicende connesse all'unità d'Italia bloccarono lo sviluppo di ogni progetto, bollato come istituzione dalla forte "impronta borbonica" l'Istituto d'Incoraggiamento nei primi anni della "nuova Italia" dovette affrontare gravi difficoltà e minacce di chiusura, definitivamente intervenuta nel 1937.
Articolo del prof. Luigi Palmieri di presentazione del proprio telegrafo elettrico. Poliorama Pittoresco, Napoli agosto, 1846
Facciata del palazzo dei duchi Carafa d'Andria in largo San Marcellino sede del Reale Istituto d'Incoraggiamento di Napoli dal 1847 al 1851. Attualmente il palazzo è sede dell'Istituto Statale "Elena di Savoja".
Facciata del Reale Istituto d'Incoraggiamento di Napoli in via Tarsia. L'edificio appare ancora nella versione voluta da Ferdinando II nel 1853 per ospitare la "Solenne Pubblica Esposizione di Arti e Manifatture". Nella foro si possono scorgere le statue che ne adornavano la facciata: sulla destra le sculture di "Plinio il Naturalista" di Emanuele Caggiano e "Marco Vitruvio Pollione" di Stanislao Lista; sulla sinistra le sculture di "Archimede" e "Tolomeo" di Gennaro Calì. Al di sotto delle stature erano presenti quattro rilievi rappresentanti le arti, l'agricoltura, la nautica e la meccanica. La grande Sala di Tarsia fu concessa nel 1929 all’Opera Nazionale del Dopolavoro, che la trasformò in teatro. Dopo i danni subiti nel corso del secondo conflitto mondiale, nel 1963 l'architetto Sirio Giammetta firmò l'attuale modifica dell'edificio con la sistemazione del teatro dedicato a Roberto Bracco. Foto tratta da Il Reale Istituto di Incoraggiamento di Napoli 1806 - 1906, E.O. Mastrojanni, Napoli 1907.
Prospetto dell'edificio di via Tarsia oggi (ex sede del Reale Istituto d'incoraggiamento): La ristrutturazione del secondo dopoguerra ha rimosso la quasi totalità delle caratteristiche originali, ad eccezione del cortile e del pian terreno della porzione d'edificio che ospitò il Reale Istituto Nautico in vico Tarsia, 1, oggi plesso del 12° circolo didattico "G. Oberdan"..
Fotografia della nuova sala Tarsia o sala Pompeiana in cui fu allestito il nucleo centrale dell'Esposizione d'arti e manifatture del 1853. La sala, ideata sul tipo dell'antica basilica, era divisa in tre navate, di cui la centrale terminava in forma semicircolare a due ordini di colonne sovrapposte, e le due laterali, di minor altezza, separate da un ordine di colonne. Il soffitto della navata centrale è piano a cassettoni con al centro lo stemma della casa reale, sostituto, dopo l'unità d'italia, da un quadro allegorico. Essa era illuminata da quattordici finestroni, sette per lato, i quali sporgevano sulle terrazze di copertura delle navate laterali. Nel vestibolo erano collocate quattro statue: Alessandro Volta e Galileo Galilei dello scultore Gennaro De Crescenzo, Cristoforo Colombo e Torquato Tasso dello scultore Tommaso Solari (nipote). Nell'ampia scalinata erano collocate altre tre statue di Flavio Gioia, una Vestale e la Flora. Nella fotografia di Carlo Frattacci, successiva al 1860, si nota che la sistemazione delle statue, così come illustrata dal dipinto di Fregola, era già mutata ed al centro dell'emiciclo era stato installato un orologio elettrico. Foto Soprintendenza per i Beni Storici Artistici Etno-antropologici di Bologna Ferrara Forlì Cesena Ravenna e Rimini, Palazzo Pepoli Campogrande, via Castiglione, 7, Bologna (BO).
Interno della gran sala Tarsia coi prodotti delle arti e dei mestieri napoletani, posti in mostra il 30 maggio 1853, Salvatore Fergola, 1854, Museo Nazionale di San Martino. Osservando l'ingrandimento del dipinto entriamo all'interno della sala Tarsia, la cosiddetta sala pompeiana, il giorno dell'inaugurazione della mostra in occasione della visita fatta dai reali prima dell'apertura al pubblico. Possiamo notare il tipico allestimento dell'epoca, secondo il gusto e la consuetudine antiquariale delle vetrine artistiche. I prodotti venivano posti in mostra in modo affastellato ma ogni "stand" era corredato dal cartellino descrittivo di ogni singolo oggetto e relativo prezzo. I personaggi al centro della scena sono i protagonisti dell'evento, il cav. Francesco del Giudice, ingegnere e direttore del corpo dei pompieri di Napoli, socio dell'Istituto d'Incoraggiamento e vero artefice della trasformazione dell'edificio di Tarsia, accanto troviamo il cav. Felice Santangelo, presidente dell'Istituto. Sullo sfondo è ritratto il re Ferdinando II con l'uniforme di colonnello del primo reggimento di fanteria addetto allo Stato Maggiore (soprabito d'uniforme e pantaloni estivi bianchi) intento ad osservare la vetrina delle armi. Accompagnati dalla regina madre Maria Teresa d'Austria ci sono tre degli otto figli del re (Alfonso Maria principe di Caserta, Luigi Maria conte di Trani, Gaetano principe di Girgenti). Il personaggio al centro del gruppo, dai capelli biondi, è Francesco Pinto y Mendoza, marchese di Sangiuliano e principe d'Ischitella, ministro della Guerra e aiutante generale del Re. (notizie da Fergola, lo splendore di un regno, AA.VV. Marsilio editore, Venezia 2016.
Il quartiere Avvocata con l'edificio del Reale Istituto d'Incoraggiamento, ex "mercato dei commestibili" di Tarsia (A). Reale Officio Topografico della Guerra, Piante dei quartieri di Napoli, 1861.
Pubblicità di fine Ottocento della Guppy & C. In alto, nel riquadro a sinistra, si osserva la menzione del premio assegnato nel corso della Solenne Pubblica Esposizione di Arti e Manifatture, Napoli 1853:"Tommaso Riccardo Guppy, ingegnere meccanico inglese, con la ferriera nella contrada della Taverna de'carciofi" per "una pressa idraulica da lui perfezionata, per estrarre l'olio dalle olive, della forza di 1600 cantaia, al prezzo di 450 ducati".
Palermo. il palazzo Burgio del duca di Villafiorita, dal 1831 destinato quale sede del Reale Istituto d'Incoraggiamento per la Sicilia.
Il Cav. Felice Santangelo presidente del Reale Istituto d'Incoraggiamento di Napoli dal 1849 al 1855.
Statuto del Real Istituto d'Incoraggiamento di Napoli, decretato da Ferdinando I il 25 settembre 1821
Statuto del Real Istituto d'Incoraggiamento di Palermo, decretato da Ferdinando II il 29 novembre 1831.
CRONOLOGIA DEI PRESIDENTI DEL REAL ISTITUTO D'INCORAGGIAMENTO DI NAPOLI 1806 - 1860 | ||
N. | Nome e Cognome | Data di Nomina |
1 | Cotugno prof. Domenico presidente provvisorio .................................................. | 16 agosto 1806 |
2 | Miot Francesco Andrea, Ministro dell'Interno ..................................................... | 7 aprile 1808 |
3 | Delfico Mechiorre, Consigliere di Stato .............................................................. | 7 aprile 1808 |
4 | Daniele cav. Francesco .................................................................................. | 17 novembre 1808 |
5 | Reynier Luigi ............................................................................................... | 29 giugno 1809 |
6 | Galdi cav. Matteo .......................................................................................... | 29 giugno 1809 |
7 | Sementini cav. Antonio .................................................................................. | 11 gennaio 1810 |
8 | Coco cav. Vincenzo, Consigliere di Stato ............................................................ | 28 giugno 1810 |
9 | Galdi cav. Matteo .......................................................................................... | 16 luglio 1812 |
10 | Loffredo Giuseppe, principe di Cardito ............................................................... | 14 dicembre 1815 |
11 | Poli cav. Giuseppe Saverio .............................................................................. | 21 gennaio 1819 |
12 | Monticelli cav. Teodoro .................................................................................. | 26 aprile 1826 |
13 | Ruffo Fulco, principe di Scilla .......................................................................... | 4 dicembre 1828 |
14 | Ronchi cav. Salvatore .................................................................................... | 11 giugno 1840 |
15 | Sua Altezza Reale Leopoldo di Borbone, conte di Siracusa ..................................... | 4 febbraio 1841 |
16 | Santangelo cav. Felice ................................................................................... | 4 gennaio 1849 |
17 | Minichini cav. Domenico ................................................................................. | 1° gennaio 1856 |
18 | Filagieri Carlo, principe di Taormina ................................................................. | 25 novembre 1856 |
19 | Santangelo cav. Felice ................................................................................... | 1° gennaio 1857 |
20 | Gussone cav. Giovanni ................................................................................... | 25 luglio 1857 |
21 | Sanseverino Luigi, conte di Chiaromonte ........................................................... | 19 settembre 1857 |
22 | Minichim cav. Domenico ................................................................................. | 1° gennaio 1860 |
Frontespizio dei cataloghi delle esposizioni industriali tenutesi a Napoli il 30 maggio del 1853 e a Palermo il 30 maggio 1834.
Prof. Francesco Tornabene Roccaforte, priore Casinese, vice presidente della Società Economica della provincia di Catania, botanico, docente universitario, fondatore e direttore dell'Orto Botanico di Catania, vice segretario dell'Accademia Gioenia di Scienze Naturali, tra i più attivi organizzatori della 'Esposizione de' Prodotti d'Industria Agraria Siciliana e Manifatturiera tenutasi a Palermo il 31 luglio 1857.
[1] Sino al 1846 il protezionismo doganale napoletano fu molto alto. Il decreto del 9 marzo 1846 introdusse prime modifiche nella politica doganale ribassando le tariffe su ben 110 categorie di prodotti esteri, inclusi quelli in diretta concorrenza con i nazionali. Al provvedimento, che raccolse consenso anche in Europa, ne seguirono altri dello stesso tenore nel 1847 e negli anni dal 1850 al 1860, portando la tariffa media doganale su valori del 10 - 12%, con una punta del 20% sull'acciaio. Il progressivo allentamento della protezione doganale fu uno dei sintomi dello sviluppo industriale negli ultimi anni del regno, la media delle tariffe non fu tra le più alte d'Europa e considerando che nel 1860 altri cento prodotti esteri poterono usufruire di un ribasso, ed altrettanti furono completamente esentati, si può affermare che la pressione doganale napoletana, con una tariffa media dell'8-10%, operò una moderata protezione del sistema economico delle due Sicilie, in linea con quanto praticato da altre potenze continentali.
[2] Il Reale Istituto d'Incoraggiamento di Napoli e la sua opera 1806 - 1860, Anna dell'Orefice, Biblioteca de "Cahiers Internationaux d'histoire economique et sociale" 18, Librairie Droz, Genève, 1973.
[3] Presso il Reale Istituto d'incoraggiamento venne fondata una scuola d'arti e mestieri con quattro professori: geometria, matematiche elementari, fisica e chimica elementare, lingua italiana e tenuta dei libri commerciali.
[4] Francesco Del Giudice nacque a Capua nel 1815 da Raffaele (generale dell’esercito borbonico, destituito per motivi politici nel 1821, riabilitato e successivamente Ministro della Guerra e della Marina) e da Caterina Marsic (veneta, zia dei fratelli Attilio ed Emilio Bandiera, fucilati nel 1844 nel Vallone di Rovito presso Cosenza per aver promosso un tentativo insurrezionale). Dopo i primi studi fatti con il padre, entrò per concorso nella Scuola di Applicazione di Ponti e Strade, fondata da G. Murat nel 1811 sul modello della École des Ponts et Chaussées, in cui frequentò il corso di fisica e matematica con gli illustri maestri De Angelis e Tucci. Laureatosi in ingegneria, a 21 anni entrò nel Corpo dei pompieri, divenendone il direttore due anni dopo. Nel 1843 fu accettato come socio corrispondente nell’Istituto di Incoraggiamento, di cui fu segretario perpetuo dal 1860. Con l’Unità nel 1861 ricoprì l’unica carica politica della sua vita, come coadiutore nel Dicastero di agricoltura e commercio durante la luogotenenza. Nel 1863 ebbe l’incarico di preside dell’Istituto Tecnico, della cui fondazione era stato promotore; dal 1866 fu per dodici anni direttore delle scuole tecniche di Napoli, le quali solo in quel periodo funzionarono bene, come fu riconosciuto successivamente nel 1900 dalla Commissione di inchiesta Saredo; nel 1871 progettò l’edificio in ferro e legno per la Mostra Marittima, che si tenne a Napoli. Per tutta la vita Francesco Del Giudice fu un lavoratore instancabile, mantenendo le cariche di direttore dei pompieri, segretario dell’Istituto di Incoraggiamento, preside dell’Istituto Tecnico. Egli fu autore di molte memorie per gli Atti dell’Istituto di Incoraggiamento, sia di carattere scientifico sia relativi alla storia di esso (Ragguaglio dei lavori del R. Istituto di Incoraggiamento dal 1856 al 1859; Notizie istoriche del R. Istituto d’Incoraggiamento alle Scienze Naturali dal 1806 fino al 1860); di contributi tecnici riguardanti le attività dei pompieri; del pamphlet sulle piaghe dell’istruzione pubblica napoletana; di relazioni annuali sull’Istituto Tecnico. Quando Francesco Del Giudice morì il 7 febbraio 1880 pronunciarono «parole sul feretro» alcuni rappresentanti degli istituti da lui diretti. Primo fu il capitano dei pompieri Francesco Semmola, il quale ricordò le invenzioni e i miglioramenti da lui apportati agli attrezzi (tromba di incendio, scala, ponticello di sollevamento, avvisatore elettrico) e affermò che era restato «sempre pompiere» nonostante gli altri alti impegni, il suo cuore era sempre nella caserma: «I civici di Napoli ricorderanno le ferite al capo, alle spalle e tutti i rischi corsi da Francesco Del Giudice, primo innanzi a tutti ne’ maggiori pericoli de’ disastri del fuoco». Poi parlarono il vicepresidente dell’Istituto di Incoraggiamento Antonio Ciccone, il professore Luigi Mariani e l’alunno Teodoro D’Afflitto dell’Istituto Tecnico. Dieci giorni dopo si tenne una commemorazione nella Sala di Tarsia «parata a bruno» dove era esposta una epigrafe dettata dal prof. Stefano Paladini: ALLA CARA MEMORIA / DI / FRANCESCO DEL GIUDICE / ARCHITETTO ORDINATORE PRESIDE / DI QUESTO R. ISTITUTO TECNICO / E DI MARINA MERCANTILE / RENDONO ONORE / OGGI X GIORNO DELLA SUA MORTE / DEPLORATISSIMA / I PROFESSORI GLI ALUNNI.