La guerra di Crimea - I Telegrafi delle Due Sicilie

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Le Esposizioni Universali | Le Due Sicilie e la guerra di Crimea

Come già osservato, il rapporto tra il regno delle Due Sicilie e le Esposizioni Universali, è strettamente correlato allo stato delle relazioni diplomatiche tra Napoli e le cancellerie di Parigi e Londra nel corso degli anni Cinquanta dell'Ottocento. Anche per l'Esposizione Universale di Parigi del 1855 e per il Concorso Universale Agrario di Parigi del 1856, riteniamo utile richiamare gli avvenimenti internazionali che determinarono le scelte di politica estera del real governo, e quindi la partecipazione del regno delle due Sicilie alle esposizioni parigine.
La guerra d'Oriente
Il 27 febbraio Francia ed Inghilterra lanciarono il loro ultimatum alla Russia, la "Questione Orientale", con il coinvolgimento militare diretto delle due principali potenze europee, ebbe il suo epilogo con il deflagrare della "Guerra di Crimea".
Il conflitto, ufficialmente fu originato dalla controversia sul controllo dei luoghi santi e la protezione dei cristiani nel Medio Oriente. Napoleone III, all'atto della sua ascesa imperiale, reclamò gli antichi privilegi francesi sui luoghi santi mentre la Russia, intenzionata a mantenere lo status quo nella regione, chiese al governo di Costantinopoli di riconoscere il protettorato russo sui cristiani ortodossi dell'impero ottomano. In realtà, le ragioni della guerra ebbero ben poco a che fare con la faccenda del protettorato dei cristiani.
Il coinvolgimento, manu militari , di Gran Bretagna e Francia non fu l'ultima crociata in difesa dei luoghi santi quanto, piuttosto, la leva per scardinare gli equilibri europei del 1815, ed impedire che la Russia, sfruttando il lungo declino dell'impero ottomano, estendesse il suo controllo sul Mar Nero, il Mediterraneo, la regione del Caucaso, le province danubiane dell'odierna Romania e quindi, sulle rotte verso l'India britannica.
Il conflitto fu oggetto di dispute politiche e diplomatiche per diversi anni, ben prima che le incursioni russe nei principati di Moldavia e Valacchia, parte dell’impero ottomano, ma abitati in maggioranza da sudditi ortodossi, portassero, nell'ottobre 1853, ad una dichiarazione di guerra del governo turco verso quello zarista.
Il 30 novembre 1853 nella rada della città portuale di Sinope, in Turchia settentrionale, due squadre della Marina imperiale russa, aprirono il fuoco contro le navi turche, distruggendole.
La consapevolezza del governo ottomano di non poter reggere il confronto militare con l'impero zarista, spinse il sultano Abdul Mejid a ricercare appoggi in occidente autorizzando, in deroga al trattato del 1841, il passaggio dei Dardanelli alle flotte inglese e francese. Il 3 gennaio 1854, per proteggere i trasporti turchi, le squadre navali di Francia ed Inghilterra entrarono in Mar Nero, ed il 27 febbraio intimarono alla Russia il ritiro dai principati danubiani.
Il 20 marzo 1854 le truppe russe avanzarono in territorio ottomano, una settimana dopo, il 27 marzo 1854, Gran Bretagna ed Impero francese s'unirono alla Turchia nel dichiarare guerra alla Russia.
La Prussia e l'Austria riconobbero "la ingiustizia dell'aggressione russa contro la Porta e la giustizia della causa di cui han preso la difesa le due Potenze marittime, ma non per questo intendono esse di prender parte alla lotta se i loro propri interessi non lo impongono" (dal Rapporto n.3135 dell'ambasciatore napoletano a Parigi del 10 maggio 1854 - ASN, Ministero Affari Esteri fs. 4543).
La scelta di mantenere la neutralità, consentì all'Austria di prendere del tempo, ma Vienna, comunque, fu di fronte ad un bivio: entrare nella coalizione Franco-Britannica a favore della Turchia, e quindi aprire le porte ad una egemonia francese che avrebbe determinato un ridimensionamento del ruolo dell'impero asburgico in Germania ed in Italia, o appoggiare la Russia, trascinando la Prussia nella riproposizione della Santa Alleanza del 1815, con la conseguenza di un riallineamento dell'Inghilterra e l'implosione dell'impero francese, ma con il rischio di diventare dipendente dall'alleato russo.
L'8 agosto del 1854, navigando nelle tormentate acque della sua ambiguità diplomatica, l'Austria sottoscrisse con Francia ed Inghilterra una sorta di proposta unilaterale di pace con la quale richiese alla Russia di ritirarsi dai principati danubiani, di concedere la libera navigazione sulle bocche del Danubio e rinunciare al mantenimento di forze navali nel Mar Nero.
Il rifiuto di queste condizioni avrebbe automaticamente portato l'Austria in guerra, al fianco della coalizione. Per soddisfare l’Austria, ed evitare che entrasse in guerra, la Russia evacuò i principati danubiani. L'Austria li occupò nell'agosto del 1854.
Nel dicembre 1854 un accordo segreto tra Parigi e Vienna stabilì i termini per il mantenimento  dello status quo in Italia [1].  
Il 2 marzo 1855 una improvvisa polmonite spense la vita dello zar Nicola I, sul trono di Russia ascese il figlio, Aleksandr Nikolaevič con il titolo di Alessandro II, imperatore di Russia e duca di Finlandia.
Il 27 dicembre 1855 l'Imperatore Francesco Giuseppe sciolse ogni riserva lanciando l'ultimatum alla Russia, ma troppo in ritardo sugli eventi; il 26 gennaio il Piemonte era entrato a far parte della coalizione belligerante, ponendo un'ipoteca sugli assetti futuri dell'Italia e l'8 settembre Sebastopoli era caduta, segnando le sorti della guerra.
La tardiva entrata in guerra dell'Austria spinse Alessandro II a dover considerare l'opzione di un armistizio intavolando, il 10 gennaio 1856, accordi preliminari sui termini e le condizioni di pace. Il 24 febbraio 1856 si aprirono i lavori della Conferenza di Parigi per stabilire la cessazione delle ostilità, il successivo 28 febbraio fu firmato l'armistizio tra le potenze belligeranti.
Il 30 marzo 1856, la firma del trattato di pace confermò le linee del nuovo ordine a cui Napoleone III aveva lavorato sin dal 1852. La Francia, libera dalla subalternità impostale dagli accordi del 1815 assunse un ruolo egemone, spostando l'asse degli equilibri europei da Vienna a Parigi. La "controversia sui luoghi santi", artificioso pomo della discordia all'origine della guerra, non fu neanche citata negli accordi di pace.
L'Impero asburgico fu il vero sconfitto scontando, con l'isolamento internazionale e l'ostilità di Prussia e Russia, la propria ambiguità diplomatica e la marginalità del proprio ruolo militare. La Russia, sebbene militarmente sconfitta, conservò sostanzialmente intatte le proprie frontiere, l'Inghilterra non riuscì a sferrare il colpo mortale all'impero zarista per l'interposizione di Napoleone III.  Russia e  Francia operarono un progressivo avvicinamento, lasciando Parigi libera di porre in essere il progetto d'espulsione dell'Austria dalla penisola italiana, e di fomentare i nazionalismi in Prussia, e nella stessa Italia.
Sul versante della Questione Orientale, la conclusione della guerra non fu risolutiva, il permanere dell'instabilità politica ed economica ottomana, e della competizione strategica tra le grandi potenze europee derivante dal progressivo indebolimento dell'impero turco, trovò "soluzione" solo dopo la prima guerra mondiale, con il crollo, e la spartizione dell'impero ottomano.

Le Due Sicilie
In Italia, la guerra di Crimea provocò un riallineamento dei vari Stati in previsione dei futuri rapporti di forza tra le potenze europee. Il Regno di Sardegna, indebitandosi all'inverosimile, inviò un proprio corpo militare in Crimea che, pur senza una significativa rilevanza nelle operazioni militari, fu sufficiente per consentire di recitare il ruolo di cobelligerante al fianco della compagine anglo-francese. Il Ducato di Parma, tentando di porsi in concorrenza con l'iniziativa militare e diplomatica del Piemonte, rifiutò di sottoscrivere un trattato di mutua assistenza con l'Austria, ed offrì il proprio piccolo contingente miliare per le operazioni in Crimea. Il Ducato di Modena e gli Stati Pontifici scelsero di restare neutrali, pur parteggiando per lo zar Nicola I.
Il Gran Ducato di Toscana, agli inviti di Londra e Parigi di mantenere la "neutralità marittima", tentò d'aggirarla per avvantaggiarne la Russia.
Il corpo diplomatico napoletano, tra Parigi, Londra, Vienna, Berlino, Torino, Costantinopoli e San Pietroburgo, svolse un intenso lavoro, offrendo al Re ed al real governo tutti gli elementi per valutare l'evolversi della questione d'Oriente ed adottare, per tempo, la migliore strategia in difesa degli interessi del regno, anche alla luce della possible guerra che si stava profilando all'orizzonte del 1853, ed al repentino mutare delle posizioni di tutti gli attori in gioco, inclusi quelli ritenuti "amici" come la Prussia e  l'Austria.
La geografia delle due Sicilie, inoltre, poneva il regno in una posizione oltremodo scomoda. Sia la Francia che l'Inghilterra chiesero l'accesso ai porti di Messina e Brindisi da utilizzare come scalo logistico per le operazioni in Crimea, oltre all'invio di un corpo di spedizione di 40.000 uomini e di tre navi da battaglia.
Ferdinando II, sordo ai richiami alla prudenza formulati dalla propria diplomazia, dallo stesso Zar, dall'Austria e dalla Prussia, respinse ogni pressione tesa a far aderire, anche simbolicamente, il regno napoletano all'alleanza anti russa.
La dichiarazione di neutralità espressa da Ferdinando II ebbe radici nella solida fedeltà per l'alleato russo, ma anche nella triplice convinzione che l'assalto delle potenze europee si sarebbe infranto sotto le mura di Sebastopoli, e che un eventuale supporto al conflitto da parte napoletana, non solo avrebbe favorito le pretese britanniche sul controllo del Mediterraneo, e le mire sarde e francesi sull'assetto della Penisola, ma avrebbe leso egli interessi economici del regno, per l'importazione dei grani russi ed ucraini destinati all'Europa.
Nonostante le ripetute affermazioni di neutralità, la posizione napoletana fu tutt'altro che passiva. Ferdinando II, andò molto oltre, svolse un ruolo di pressione verso l'Austria per dissuaderla ad aderire all'intesa anglo-francese e nel corso della guerra ordinò ed attuò azioni d'embargo che colpirono ripetutamente e duramente gli interessi anglo-francesi. Per ostacolare le operazioni militari contro l'alleato russo, Ferdinando II impose il divieto alle navi britanniche e francesi d'usufruire dei porti del regno, il divieto per le navi napoletane di trasportare truppe, armi e vettovaglie destinate ai belligeranti, impose il blocco dei rifornimenti per le truppe della coalizione occidentale, vietò l'esportazione dei bovini, del frumento siciliano e dei prodotti derivati, pasta compresa. La guerriglia commerciale del regno delle Due Sicilie innescò la dura reazione inglese, francese e successivamente anche austriaca.
I tentativi di Francia ed Inghilterra di piegare le Due Sicilie, condizionandone gli indirizzi di politica interna e soprattutto quelli di politica estera, in particolare verso la cogente questione russa, s'infransero sulla ferrea volontà di Ferdinando II di mantenere la sovranità del suo regno.
Negli ultimi mesi del 1854, la situazione politica interna dell'Inghilterra si modificò creando le condizioni per l'ascesa al governo di una compagine radicalmente ostile alle Due Sicilie. L'impossibilità di pervenire ad un accordo che ponesse fine alla guerra, il sostanziale stallo delle operazioni militari e le devastanti perdite subite dalla cavalleria inglese nella battaglia di Balaclava (25 ottobre 1854), favorirono la crescita nell'opinione pubblica europea, ed in particolare in quella britannica, di un sentimento d'insoddisfazione sull'andamento del conflitto.
I giornali  filo-governativi si mobilitarono per contrastare gli attacchi sulla condotta britannica della guerra, aggredendo la diplomazia prussiana. Il "Globe" e il "Morning Chronicle", i due giornali con la più forte inclinazione filo-governativa, adottano i toni più violenti nella polemica contro la politica di neutralità adottata sia dalla Prussia che dalle Due Sicilie.
Domenica 21 gennaio 1855, una folla si riunì in Trafalgar Square, nei pressi della chiesa di St Martin-in-the-Fids, per inscenare una protesta contro l'andamento della guerra. L'episodio, ricordato come  la "snowball riot", vide circa 1500 persone lanciare palle di neve all'indirizzo di autobus, taxi e pedoni e poliziotti.
Cento agenti speciali furono inviati sul luogo, l'intervento della polizia scatenò un feroce combattimento conclusosi con l'arresto di quattro dei "capi" della sommossa e due tentativi della folla d'impedire che fossero tradotti in carcere.
L'episodio fu messo a tacere, la stampa filo-governativa e d'opposizione non ne parlò affatto, fece eccezione un articolo di Karl Marx, pubblicato sul n. 43 del "Neue Oder-Zeitung", del 26 gennaio 1855.
Nonostante le manovre del governo Aberdeen, l'andamento del conflitto in Crimea stava modificando gli equilibri politici del parlamento britannico.
Già il 29 gennaio 1855, un tentativo di mettere in discussione il coinvolgimento britannico nel conflitto, sotto forma di una proposta di legge, fu introdotto dal deputato ultra conservatore John Arthur Roebuck, che chiese di costituire una commissione parlamentare sulla condotta della guerra. Il parlamento approvò con 305 voti favorevoli e 148 contrari la costituzione della commissione proposta da Roebuck.
Aberdeen considerò questo "incidente" come un "voto di sfiducia" nei confronti del suo governo, dimettendosi dalla carica di Primo Ministro il 30 gennaio 1855.
Dopo che i leader del partito liberale, Lord Derby e Lord John Russell, respinsero la richiesta della Regina Vittoria di formare un nuovo governo, il 6 febbraio 1855, il veterano Lord Palmerston, ex ministro degli Esteri, fu chiamato alla carica di primo ministro assumendo, sin da subito, una linea dura, fomentò disordini all'interno dell'Impero zarista, mirò ad espandere la guerra ed isolare la Russia.
L'avvento di Lord Palmerston rafforzò la tensione diplomatica tra  i governi di Londra e Parigi verso quello di Napoli, favorendo l'isolamento internazionale di quest'ultimo.
Il governo britannico, deciso ad intervenire per stroncare un paese che si dimostrava ostile, optò per un intervento armato contro Napoli, bloccato il 3 settembre 1855 da un severo monito della regina Vittoria che giudicò insufficienti ed insostenibili, sul piano del diritto internazionale, le ragioni addotte dal suo gabinetto per giustificare un'ingerenza militare ai danni del Re delle Due Sicilie.
Nel febbraio 1856, la sconfitta della Russia aprì a Parigi il Congresso di "pace". Accanto la  vexata quaestio "Orientale", al tavolo del congresso parigino, trovarono cittadinanza "l'affare Napoli", sollecitato da Francia ed Inghilterra, e la "questione Italiana", perorata dal regno di Sardegna.
I principali attori, Francia e Gran Bretagna, dal maggio del 1856 inviarono al governo napoletano ripetute comunicazioni con le quali invitarono la corona napoletana ad introdurre riforme liberali e quindi, rivedere la propria linea di condotta verso la dissidenza politica al fine d'assicurare, all'Italia ed all'Europa, "riparo da turbolenze rivoluzionarie". Pur senza suggerire esplicite azioni, di fatto, fu operata una pesante ingerenza verso la politica interna del regno delle Due Sicilie.
La replica del real governo fu estremamente decisa, stigmatizzando come "inammissibile" l'approccio dei gabinetti di Londra e Parigi, ribadendo che le pretese avanzate dai due governi non avrebbero garantito alcuna pace, al contrario, l'atteggiamento dalle cancellerie francesi ed inglesi avrebbero prodotto solo "l'eccitamento" delle frange più radicali, innescando i tanto temuti sommovimenti rivoluzionari.
Lo scontro non trovò alcuna composizione, con un ulteriore dispaccio del 26 agosto 1856, il governo di Sua Maestà Siciliana comunicò di non essere disposto ad alcuna concessione, rimandando ad un tempo indefinito ogni riforma. Londra e Parigi si limitarono a dichiarare che considerata la situazione in cui si era posto nei loro riguardi il governo delle Due Sicilie, non fu loro permesso di continuare ad intrattenere con esso rapporti diplomatici, e che così sarebbe stato fino a quando la situazione non fosse mutata. Ordinarono quindi, ai loro agenti, di lasciare Napoli con tutto il personale delle rispettive legazioni (20 ottobre 1856).
Conformemente all'orientamento dell'opinione pubblica dei rispettivi paesi, Francia e Gran Bretagna si astennero da qualsiasi misura minacciosa e non inviarono navi da battaglia nelle acque Napoletane tuttavia, al fine di garantire una possibile "protezione" per i sudditi francesi o inglesi residenti nel regno, alcuni reparti dei rispettivi eserciti furono messi in allerta a Tolone e Malta.
I comandanti delle squadre marittime francesi e britanniche furono invitati, di volta in volta, ad istruire una delle navi poste sotto il loro comando a visitare i porti di Napoli e di Sicilia, dove i capitani si sarebbero messi in comunicazione con i rispettivi consoli per verificare se vi fosse la necessità d'un intervento a "protezione".
La Russia sembrò voler venire in difesa di Napoli; ma questa volontà non fu accolta favorevolmente. La Prussia, da parte sua, mostrò un interesse per il Re di Napoli ed incaricò i propri ambasciatori  in Francia ed  Inghilterra di provvedere alla tutela dei sudditi napoletani in questi due paesi, ma non poté far altro. Quanto all'Austria, pur senza essere del tutto associata ai passi dei gabinetti di Parigi e di Londra, cercò d'operare una mediazione, non accolta dal Re Ferdinando II.
Il 15 novembre 1856, a seguito della rottura delle relazioni diplomatiche con la Francia, l'ambasciatore napoletano a Parigi, il marchese Antonini, ricevette istruzioni di raggiungere la sede diplomatica di Bruxelles, chiudere gli uffici di Parigi e trasferire all'ambasciata di Prussia la protezione dei sudditi delle due Sicilie.
Quello stesso mese scoppiarono a Cefalù dei focolai insurrezionali e pochi giorni dopo, l'8 dicembre 1856, Agesilao Milano attentò alla vita di Ferdinando II.
Per il governo napoletano si chiuse un lungo e difficile anno d'isolamento internazionale i cui effetti accennarono ad attenuarsi solo nel 1857 ma che, comunque, resero il regno vulnerabile alle forze dinamiche del nazionalismo e del liberalismo che operarono all'interno per conquistare alla causa unitaria la classe dirigente del regno, ed all'estero, sul piano delle relazioni internazionali, collaborando con Francia ed Inghilterra, interessate a dare all'Italia un'assetto confacente ai propri interessi.
La battaglia di Sinope, combattuta il 30  novembre 1853 nella rada della città portuale di Sinope, in Turchia  settentrionale, vide prevalere la marina imperiale russa sulla flotta ottomana. L'episodio fornì a Francia ed Inghilterra il "casus belli" per intervenire nella disputa tra impero zarista e quello ottomano.
Gli attori della guerra di Crimea: dalla sinistra il Sultano ʿAbdü’l-Mecīd-i evvel, la Regina Vittoria  e l'Imperatore Napoleone III.
Gli attori della guerra di Crimea: lo Zar Nikolaj Pavlovic Romanov
propaganda anti russa guerra Crimea
Un orso impazzito" - Illustrazione francese della guerra di Crimea che mostra l'Europa che trattiene l'orso russo dalla conquista di Costantinopoli. Pubblicata su Le Charivari e illustrata da Honoré Daumier (28 agosto 1854) .
Soldati britannici in partenza per la guerra di Crimea da Trafalgar Square, Londra, 22 febbraio 1854, source: Universal History Archive.
Bombardamento del porto di Odessa da parte delle squadre navali di Francia ed Inghilterra il 26 aprile 1854.
25 ottobre 1854, la cavalleria leggera britannica si lanciò contro le postazioni d'artiglieria zariste nella piana di Balaclava, a Sud di Sebastopoli. Oltre il 40% dei cavalleggeri britannici morì sotto il fuoco russo, un inutile massacro esaltato dalla propaganda militarista britannica.
"Come Jack rende utili i turchi a Balaclava!" L'atteggiamento razzista britannico verso i propri alleati. Punch 1855.
Prima visita della Regina Vittoria ai suoi soldati feriti. Jerry Barret, 1856
"La città, le fortezze e la baja con i porti di Sebastopoli", Benedetto Marzolla Napoli, 1854. Per l'importanza della guerra di Crimea sui futuri assetti dell'Europa, tra il 1854 ed il 1855, Benedetto Marzolla, geografo e cartografo brindisino, realizzò per le "cure" del Reale Stabilimento Tipografico del Ministero dell'Interno cinque carte relative la Crimea, ed una veduta di Sebastopoli allegata ad uno opuscolo dal titolo "Notizie su Sebastopoli".
"Resistiamo per Sebastopoli", Vassili Nesterenko 2005. L'assedio di Sebastopoli, fu condotto dalle forze della coalizione anti-russa dall'ottobre del 1854 al settembre del 1855. L'apparato difensivo della piazzaforte fu concepito per la difesa marittima, ed impose ai russi di fortificare anche il lato Sud per contenere gli assalti da terra degli anglo-francesi. Dopo quasi un anno di combattimenti, un attacco coordinato dei francesi, l'8 settembre 1855 espugnò la postazione fortificata di Malakoff rendendo impossibile per i russi sostenere la difesa della piazzaforte. Sebastopoli fu evacuata e tutte le fortificazioni distrutte.  
lev tostoj tenente artiglieria
Lev Tolstoj, in qualità di tenente del corpo d'artiglieria, fu tra i combattenti della piazzaforte di Sebastopoli. Le batterie del suo reparto difesero il quarto bastione di Ekaterinskaja Uliza. Dall'esperienza della guerra nacquero tre racconti pubblicati a san Pietroburgo tra il 1855 ed il 1856, Sebastopoli nel dicembre 1854, Sebastopoli nel maggio 1855 e Sebastopoli nell'agosto del 1855. Il primo dei tre racconti fu letto dalla Zarina che si commosse, lo Zar Alessandro II, dopo averlo letto, ordinò che Tostoj fosse trasferito ad un reparto più arretrato per non consentire che la guerra strappasse la vita dello scrittore.

[1]  La Francia, preoccupata di un possibile intervento dell'impero asburgico in soccorso della Russia, giocò le sue carte fomentando l'idea di un rivolgimento in Italia che avrebbe intaccato gli interessi dell'Austria se non avesse accettato di contribuire alla spedizione militare in Oriente. La lunga trattativa si concluse con la stipula di due accordi; uno per l'intervento austriaco in Oriente, sottoscritto il 2 dicembre 1854 ed uno, per la reciproca collaborazione franco-austriaca, al fine di conservare l'integrità territoriale austriaca in Italia, firmato a Vienna il 22 dicembre 1854. (Cfr : "La convenzione franco-austriaca sull'Italia durante la guerra di Crimea", Franco Valsecchi, Rivista di studi germanici, anno III -1938-XVII numero XV-V, Sansoni Editore Firenze pagine 431-443).
I plenipotenziari al Congresso di Parigi, 1856. Da sinistra a destra: Conte Cavour, Marchese di Villamarina, Conte di Hatzfeldt, Benedetti, Mohammed Djemil Pacha, Barone di Brunnow, Barone di Manteuffel, Conte di Buol, Barone di Hübner, Aali Pacha, Conte di Clarendon, Conte Walewski, Conte Orloff, Barone di Bourqueney, Lord Cowley. Fotografia di Mayer Pierson, Parigi. Museo Nazionale Ungherese, Budapest.
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 A mio padre   
(Procida 1930 – Napoli 1980)
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