Miscellanea | Il telefax delle Due Sicilie.
E' opinione comune che il telefax sia un recente prodotto dell'elettronica di consumo, in realtà la sua origine si colloca negli anni di "passaggio" tra la prima e la seconda rivoluzione industriale, età che tra l'altro, vide l'affermazione dell'elettricità e delle sue applicazioni. Molte delle invenzioni relative alle telecomunicazioni hanno trascorso un po' di tempo a languire in disparte prima che la società ne facesse un uso proficuo. Il telefax non costituisce un'eccezione a questa regola.
L'idea di realizzare un telegrafo elettrico, in grado di riprodurre a distanza immagini, fu dello scozzese Alexander Bain. Nato il 12 ottobre 1810 da una famiglia numerosa, a Houstry, vicino a Watten, Bain non fu uno scolaro brillante e fu quindi avviato all'apprendistato presso un orologiaio di Wick. In quegli anni s'appassionò alla lettura di testi sull'elettricità, ed appreso il mestiere d'orologiaio, si trasferì prima ad Edimburgo e nel 1837 a Londra, dove riuscì a frequentare le lezioni alla Polytechnic Institution ed alla Adelaide Gallery per approfondire la sua conoscenza dell'elettricità. Nell'ottobre 1840 ricevette il brevetto n. 8783 per il primo orologio elettrico e nel gennaio del 1841 per l'orologio telegrafico, un sistema per sincronizzare gli orologi a distanza composto da un orologio elettrico "pilota", il cui pendolo veniva tenuto in movimento da impulsi elettromagnetici che, a loro volta, venivano inviati ad orologi satelliti situati in vari punti geograficamente lontani.
Un orologio elettrico, realizzato a Londra secondo i principi di Bain, come riportato nella nostra pagina "il primo collegamento sulla linea internazionale", fu installato a Napoli l'8 dicembre 1854 al largo di Castello, nello spazio antistante l'officina telegrafica centrale di San Giacomo.
Il 27 maggio 1843, Bain fece domanda ed ottenne la patente britannica n. 9745 per “improvements in producing and regulating electric currents and improvements in timepieces and in electric printing and signal telegraphs”[1], in poche parole brevettò il primo sistema sperimentale di telegrafia elettrochimica. Il funzionamento della macchina di Bain fu essenzialmente lo stesso degli attuali fax: all'estremità emittente utilizzò un rilevatore per scansionare un'immagine, riga per riga, punto per punto, "spazzando" la pagina, da sinistra a destra. Il rivelatore consisteva in un cilindro non conduttivo con una serie di punte metalliche che a contatto con l'inchiostro del testo emettevano segnali elettrici (sotto forma di codice binario) che venivano trasmessi da una linea di cinque fili. All'estremità ricevente, i segnali venivano inviati ad una bobina di carta sensibile impregnata di nitrato di ammonio e ferrocianuro di potassio. Il problema più grande di Bain fu come sincronizzare il rilevatore e il ricevitore in modo che lo spazzamento delle linee iniziasse nello stesso punto; per risolvere questo problema ideò metronomi che utilizzavano un pendolo per controllare sia l'oscillazione del rilevatore dello scanner emettitore che il sistema di registrazione dell'estremità ricevente. I pendoli venivano sincronizzati all'inizio della trasmissione e non necessitavano di ulteriori regolazioni. In effetti il principio di base fu molto semplice: l'immagine da inviare veniva suddivisa in linee sottili, ciascuna delle quali si componeva di sezioni in bianco e nero, e poteva essere trasmessa via telegrafo proprio come i punti e le linee del codice Morse, ed una volta ricevuta veniva "ricomposta". Tuttavia, la macchina di Bain fu in grado di riprodurre immagini di scarsa qualità, peraltro non del tutto visibili, principalmente per problemi alla sincronizzazione del trasmettitore con il ricevitore.
Nel 1850 Bain presentò un nuovo brevetto migliorativo della propria invenzione ma il fisico Frederick Collier Bakewell (1800 - 1869) lo batté sul tempo avendo già ottenuto un brevetto per il suo "image telegraph", conosciuto anche come "copying telegraph". Sebbane la macchina di Bakewell fosse superiore a quella di Bain, anch'essa fu affetta da problemi di sincronizzazione tra trasmettitore e ricevitore con le inevitabili conseguenze sulla qualità delle immagini riprodotte. I sistemi di Bain e Bakewell non furono mai commercializzati ma entrambi, nel 1851, trovarono spazio alla "Great Exhibition of the Works of Industry of All Nations" di Londra, ove furono esposti i due prototipi funzionanti.
Anche nel Regno delle Due Sicilie fu brevettato un prototipo del telefax , fu Alessio Marone [2], molisano di Sant'Angelo Limosano (CB), chimico del Real Opificio di Pietrarsa, a comunicare nel 1847 alla Reale Società Economica del Molise la propria idea per la realizzazione di un telegrafo-elettro-chimico-autografico. Descritto sommariamente sul numero del 17 agosto 1850 degli "Annali Civili", il telegrafo del prof. Marone fu ufficialmente presentato nel 1853 alla "Solenne pubblica esposizione di arti e manifatture" di Napoli.
Nella Disamina eseguita dal Reale Istituto d'Incoraggiamento de' saggi esposti nella solenne mostra industriale del 30 maggio 1853, il Telegrafo elettro - chimico - autografico del "signor Alessio Marone" venne così descritto: "Si compone di due ordigni simili, uno chiamato compositore, l'altro riproduttore. Il primo, allogato nell'officina di spedizione, raccoglie i motti da trasmettersi; il secondo stabilito nel luogo in cui la notizia dee pervenire, la riproduce sopra la carta del tamburo chimicamente preparata. Essendo simili questi apparati, possono a volontà del telegrafista servire o per trasmettere, o per ricevere le notizie. La gravità e l'azione elettrica servono all'esercizio del telegrafo. La prima per un macchinismo d'oriuoleria fa muovere circolarmente il tamburo e nel tempo stesso il carrettino porta-corrente da uno de' suoi estremi all'altro. Con questi movimenti una molla esegue delle spirali alla distanza fra loro di un terzo di millimetro. La correnle elettrica quindi pone in moto l'ago magnetico che è nel mezzo delle calamite temporanee, e con tocchi di campanelle dà l'avviso di prevenzione in quel luogo o officina o posta che si vuole; con la medesima deviazione dell’ago s’induce all'elettromomo-elettrotipo dell'apparato di percezione delle notizie, un tal movimento da dirigere la corrente dove si vuole che arrivino i motti, mettendo fuori circuito della corrente gli apparati intermedi: ancora, fa eseguire a tamburi de'due congegni un movimento isocrono tra loro: e in fine le correnti elettriche producono l'azione elettro-chimica, la quale comincia quando l'elettromomo- elettrotipo che è sull'asse del tamburo, interrompendo la comunione della corrente nel circuito del filo delle calamite temporanee, la dirige sul tamburo degli apparati per iniziarsi su la carta chimicamente preparata l'azione chimica che fa rilevare e riprodurre i caratteri. Non potendo qui fare per minuto una descrizione di questo apparecchio, ed indicare a parte a parte i modi da servirsene, ci staremo a soggiungere soltanto che la sua mercé si ottiene l'azione della corrente elettrica in quella officina o posta che si vuole, precedendo gli avvisi con speciali rintocchi del campanello; che si può quella dirigere sul tamburo dell'apparato di percezione, dove la sua azione chimica produce in carta preparata la forma de' caratteri che si scrivono sopra la carta dell'apparato di spedizione; che può aprire comunioni dirette con qualsivoglia luogo, posta ed officina, senza interruzione di quelle intermedie. Oltre a ciò la riproduzione delle lettere è fatta automaticamente e indipendentemente dall'opera del telegrafista; gli errori son presso che evitati ecc." .
L'apparecchio del Marone possedeva molti pregi: azione automatica, impossibilità d'intercettare il messaggio negli uffici intermedi, preavviso del dispaccio all'ufficio d'arrivo, molteplicità delle copie, trasmissione di autografi, figure e disegni, segretezza mediante carta preparata in modo da non far comparire lo scritto senza l'uso dei reagenti, trasmissione da 200 a 1000 parole al minuto, ciò che mancò fu la possibilità di sperimentazione e di messa in produzione della macchina, un limite che fu ben chiaro anche al cav. Francesco del Giudice, estensore della "disamina" innanzi citata e che a conclusione della stessa, osservò "in somma gli apparecchi del sig. Marone sembrano riunire moltissimi vantaggi, i quali è desiderabilissimo veder confermati dalla pratica. È risaputo che queste invenzioni vogliono avere il suggello della sperienza e noi perché vediamo il sig. Marone molto perito in questa dipendenza di fisica tecnica, i cui coltivatori per ora non possono esser numerosi nel nostro paese, facciam sincero plauso al suo studio, ed al suo ingegno, sperando di vedere l'uno e l'altro non spesi invano, ma bensì a favore dell'universale in questa utilissima applicazione della scienza che tanto onora il nostro secolo." Del resto, il cambiamento era in atto, la seconda rivoluzione industriale stava introducendo innovazioni particolarmente complesse sotto il profilo scientifico la cui progettazione e sperimentazione richiese una crescente specializzazione dei laboratori di ricerca e la necessità di reperire capitali che andavano ben oltre la possibilità offerta dai tradizionali investimenti privati.
Delle due macchine "telegrafiche" proposte dal prof. Marone nell'esposizione di Napoli del 1853, il telegrafo-elettro-chimico-autografico e la macchina per ricoprire i fili del telegrafo elettrico con seta o gomma elastica, la prima rimase nel cassetto, mentre la seconda fu giudicata utile dalla committenza pubblica ed impiegata dal Real Opificio di Pietrarsa.
Alessio Marone fu un ingegno prolifico ed alcune sue invenzioni trovarono attuazione ad opera di altri, come fu per il suo progetto del 1843, accolto con molte riserve a Napoli, di congiungere il Mediterraneo al mar Rosso attraverso l'istmo di Suez attraverso un ponte ferroviario innovativo, una sorta di un tunnel metallico sospeso, realizzato prefabbricandone le varie sezioni. Una tale struttura, il ponte "Britannia", fu poi realizzata nel 1850 da Robert Stephenson nel nord del Galles per l'attraversamento dello stretto di Menai, tra Bangor e l' isola di Anglesey.
Del telegrafo-elettro-chimico-autografico non se ne parlò più, ad eccezione di una citazione contenuta nel "Trattato elementare di fisica sperimentale e di fisica terrestre" (pag. 221, Vol. 1°, Napoli 1862) del professor Guido Giordano, direttore del gabinetto di fisica della R. Università di Napoli, il quale affermò che "il sig. Alessio Marone avea proposto nel 1849 un'altra maniera di telegrafo elettro-chimico, che dovrebbe figurare nella storia della telegrafia elettrica."
Negli anni che seguirono lo sviluppo delle apparecchiature fac-simile fu orientato al miglioramento della meccanica delle funzioni di scansione e riproduzione. Molti si cimentarono nella realizzazione di macchine per la riproduzione a distanza di testi o immagini, in Francia d'Arbaud de Blonzac nel 1855 presentò alla stampa [3] un suo prototipo, simile alla macchina del Marone denominato élecrtrographie, il prof. Francecso Orioli, nel 1856 presentò all'Istituto delle Scienze di Bologna un proprio telegrafo in grado di trasmettere linee di scrittura e disegni ed ancora, a Torino, nello stesso anno, il prof. Gaetano Bonelli presentò il suo tipo-telegrafo elettro-chimico a cinque fili, quasi in contemporanea a Nizza un tal sig. Perez annunciò d'aver realizzata una macchina con il medesimo principio del d'Arbaud detta telegrafo iconografico. A Firenze, l'abate Giovanni Caselli [4] presentò il suo "Pantelegrafo", che ad alcuni osservatori apparve una derivazione dell'invenzione dell'Orioli [5]; Questa improvvisa fioritura d'apparati per la trasmissione a distanza di immagini favorì un clima di sospetti ed accuse incrociate ove Bonelli tacciò il Perez d'aver copiato la sua idea e Caselli, si persuase che le invenzioni del Bonelli e del Perez minacciassero l'originalità della sua macchina [6].
Fu Il servizio telegrafico francese, sulla tratta Parigi-Lione-Marsiglia, che nel 1865 [7] avviò il primo servizio fax operativo al mondo utilizzando il sistema "Pantelegrafo" dell'abate Giovanni Caselli. Due anni dopo l'amministrazione francese decise di sperimentare un secondo sistema di trasmissione d'immagini, il “Kopiertelegraphen” di Bernhard Meyer, strumento superiore a quello del Caselli ma non ancora esente da difetti. Nel 1871 la sperimentazione del Kopiertelegraphen e del Pantelegrafo fu definitivamente interrotta. Dal 1860 anche Bonelli riuscì ad applicare la sua tipo-telegrafia realizzando un servizio sperimentale sulla linea Manchester - Liverpool e, nella previsione d'ottenere concessioni dal governo britannico, costituì la Bonelli's Electric Telegraph Company, una società di scarsa fortuna che non riuscì a reggere la concorrenza con gli altri operatori telegrafici e nel giugno 1864 fu costretta a dichiarare fallimento.
Nonostante i continui miglioramenti, il servizio telafax non fu un successo commerciale, né lo furono i successivi tentativi alla fine del XIX e all'inizio del XX secolo. Il fax trovò un certo impiego all'inizio della prima guerra mondiale, ma fu negli anni '60 del Novecento che la sua tecnologia si perfezionò al punto tale da poter essere commercialmente adottata, per divenire un mainstream negli anni '70 e '80 del secolo scorso.
Quadro Cronologico del Telefax | ||||
Anno | Progressi della Tecnologia | |||
1843 | Alexander Bain brevetta il primo sistema sperimentale di telegrafia elettrochimica. | |||
1850 | Frederick Collier Bakewell migliora la macchina di Bain e brevetta il suo "Copying telegraph". | |||
1853 | Alessio Marone presenta a Napoli il suo "Telegrafo Elettro-Chimico-Autografico". | |||
1865 | L'amministrazione telegrafica francese inizia la sperimentazione del "Pantelegrafo" dell'abate Giovanni Caselli collegando Parigi con Lione e Marsiglia. | |||
1867 | L'amministrazione francese sperimenta un secondo sistema di trasmissione d'immagini, il "Kopiertelegraphen" di Bernhard Meyer, giudicato superiore alla macchina del Caselli. | |||
1871 | Termina la sperimentazione del servizio fax dell'amministrazione francese, un insuccesso commerciale. | |||
1895 | Ernest Hummel, un orologiaio di St. Paul, Minnesota, inventa un dispositivo chiamato "Telediagraph". | |||
1902 | Il fisico tedesco Arthur Korn inventa un fax che utilizza un sistema fotoelettrico. | |||
1914 | Il fotografo e inventore francese Edouard Belin elabora il concetto di fax remoto per foto e notizie. | |||
1924 | L'American Telephone & Telegraph Company (AT&T) sviluppa la telefotografia utilizzata per inviare a lunga distanza le foto delle convenzioni politiche per la pubblicazione sui giornali. | |||
1926 | La RCA inventa il "Radiophoto" che invia fax utilizzando la tecnologia di trasmissione radiofonica. | |||
1928 | Primo sistema fax giapponese avviato da Yasujiro Niwa e Masatsugu Kobayashi della NEC. | |||
1935 | L'Associated Press inizia il servizio "AP Wirephoto". | |||
1947 | L'ingegnere inglese Alexander Muirhead inventò un fax che ebbe un buon successo commerciale. | |||
1948 | La Western Union produce il primo fax che può stare sopra una normale scrivania. Il nuovo "Deskfax" segnò l'inizio di un periodo di diffusa adozione della tecnologia fax perché le dimensioni della macchina erano sufficientemente ridotte per iniziare a essere inclusa in tutte le numerose località di Western Union da costa a costa. | |||
1964 | La Xerox Corporation rivoluzionò l'ormai molto popolare industria dei fax trasferendo le trasmissioni dalla rete elettrica insicura al sistema telefonico. Hanno brevettato l'LDX (Xerografia a lunga distanza) che ha segnato l'inizio della fine per tutti gli altri fax non telefonici nonostante le dimensioni ingombranti e il prezzo proibitivo dell'LDX. | |||
1966 | La Xerox sviluppa una nuova versione della sua LDX, la "Magnafax Telecopier", che era in grado di inviare e ricevere documenti di alta qualità in meno di 6 minuti, pesava meno di 23 Kg ed era pronta per la produzione di massa. La Maganfax Telecopier è stato il prototipo di una tecnologia che generalmente è stata lasciata intatta ma raffinata e condensata negli anni '70 e '80 per diventare i fax che sono stati i pilastri in attività per più di una generazione. | |||
1985 | Prima scheda fax per personal computer (PC) introdotta da GammaLink. |
Alexander Bain fotografato nel 1876 per conto della "Society of Telegraph Engineers".
L'Electro-Chemical-Copying-Telegraph di Alexander Bain del 1850, da Mechanic's Magazine p. 105 numero del 9 Feb. 1850.
Il "Copying Telegraph" di Frederick Collier Bakewell, illustrazione tratta dal brevetto del 1848.
Il prof. Alessio Marone (S.Angelo Limosano 5.12.1810 - Napoli 13.1.1870) chimico presso il Real Opificio di Pietrarsa, sin dal 1847 progettò il telegrafo-elettro-chimico-autografico (telefax), successivamente presentato e premiato alla Solenne Esposizione Industriale di Napoli del 1853.
Annali Civili Fascicolo XCVIII Novembre - Dicembre 1853, resoconto delle macchine presentate dal prof. Alessio Marone alla Solenne Pubblica Esposizione di Arti e Manifatture di Napoli del 30 maggio 1853.
Il ponte "Britannia", realizzato nel 1850 da Robert Stephenson, nel nord del Galles, per l'attraversamento dello stretto di Menai, tra Bangor e l' isola di Anglesey. L'idea di un ponte con la medima struttura fu anticipata dal prof. Alessio Marone nel 1843.
il Pantelegrafo dell'abate Giovanni Caselli sperimentalmente adottato dall'amministrazione telegrafica francese nel 1865 sulla linea Parigi-Lione-Marsiglia.
Le Monde Illustré del 24 marzo 1866. Parigi: il Pantelegrafo di Caselli viene mostrato all'imperatore Napoleone III nel corso della sua visita l'ufficio del telegrafo al Ministero degli Interni.
[1] "miglioramenti nella produzione e regolazione di correnti elettriche e miglioramenti negli orologi, nella stampa elettrica e nei segnali dei telegrafi".
[2] Alessio Marone (S. Angelo Limosano 5 dicembre 1810 - Napoli il 13 gennaio 1870). Diplomatosi in farmacia a Napoli, proseguì da autodidatta i suoi studi di chimica, fisica, matematica, e mineralogia. Assunto come chimico presso il Real Opificio di Pietrarsa, mantenne tale impiego anche dopo l'unità d'Italia passando, nel 1862, alle dipendenze della fonderia del Corpo d'Artiglieria. L'incarco presso l'opificio di Pietrarsa gli consentì di effettuare viaggi di studio in Inghilterra ed in Francia ove, nel 1855, visitò l'Exposition universelle des produits de l'agriculture, de l'industrie et des beaux-arts. Socio del Reale Istituto d'Incoraggiamento di Napoli, nel corso degli anni propose numerose invenzioni delle quali si ricordano: 1842: Macchina per modellare l'argilla e da servire per altri simili usi; Congegnamento per ridurre in altre le proporzioni degli oggetti a rilievo detta "Fac Simile"; Artifizio per rilevare gli atteggiamenti delle statue e delle persone detta "Modine"; 1843: Tromba aspirante-comprimente per innaffiare i campi ed estinguere gli incendi; Ponte pensile tabulato a piattabanda; 1845: Artifizio per preparare a secco e modellare le stoviglie; Macchina per insinuare i colori nei tessuti e comunicare il tannino ai cuoi; Sifone per ingoragare le acque da quei luoghi che avessero nell'intorno della conserva un declivio del livello maggiore delle acque che racchiudono; 1855: Telegrafo-elettro-chimico; Macchina per coprire i fili di rame del telegrafo elettrico con seta o gomma elastica; Macchina da comprimere l'argilla quasi secca per fare doccie e quadrelli. In qualità di chimico esperto di mineralogia participò alle campagne di ricercerca minerali utiili alla produzione energetica, industriale e bellicaper promosse dal governo borbonico e, sucecssivamente, da quello sabaudo. Per gran parte della sua vita, Alessio Marone svolse un'attività instancabile che, tuttavia, gli fruttò solo un ingresso in quella nutrita schiera d'ingegni invisibili che non ebbero la possibilità di tradurre in pratica i migliori frutti della propria creatività, ed ancor meno di riceverne i meritati riconoscimenti. Giambattista Masciotta (Il Molise dalle origini ai nostri giorni, Vol. II-1915, pag.337) della fortuna del prof. Marone, ebbe a scrivere "la dea bendata fu benigna con lui: non gli largì lauri, ma gli elargì un'agiata esistenza".
[3] La Lumiere, journal photogr. par Ernest Lacan, Paris , 18 aoùt 1855 n°33 - L'Ami des Sciences, journ. par Victor Meunier, Paris 9 septembre 1855, n°36.
[4] Nel suo "Del pantelegrafo caselliano" (Firenze: Tipografia di G. Mariani, 1858), Giuseppe Pagni riporta che nel giugno del 1855 un "gruppo d'amici" decise di costituirsi in società per sostenere finanziariamente l'abate Giovanni Caselli, già impegnato nel portare ad uno stadio realizzativo la sua invenzione del "telegrafo universale" o "pantelegrafo" (dall'unione delle parole pantografo, strumento per riprodurre disegni e telegrafo). Esattamente un anno dopo, il 2 giugno 1856, il "Monitore Toscano" annunziò ufficialmente la realizzazione del pantelegrafo il cui prototipo fu presentato a Firenze nel corso di continue dimostrazioni, tenutesi nei mesi di giugno e luglio, a cui presenziarono autorità e personalità scientifiche italiane e straniere come Lord Minto, l'Arciduca di Toscana ed il fisico Auguste Arthur de La Rive. Il 30 gennaio 1857, con lo scopo di favorirne l'uso commerciale, fu formalizzata la costituzione della "Società Anonima del Telegrafo Pantografico Caselli" dotata di un capitale di 50.000 Franchi, ed approvata con decreto dell'Imperiale Reale Governo Toscano. Tuttavia, fu subito chiaro che in Toscana non vi erano le condizioni industriali e finanziarie necessarie allo sviluppo dell'invenzione pertanto, il Caselli il 2 luglio 1857 si trasferì a Parigi ove affidò la costruzione del suo pantelegrafo al laboratorio del cav. Paul-Gustave Froment, specializzato nella realizzazione di apparecchi elettrici. Nel marzo del 1858 il pantelegrafo fu presentato al Conservatorio nazionale d'arti e mestieri di Parigi dal fisico Alexandre Edmond Bacquerel ed dal chimico César Mansuète Depretz presso l'Accademia delle scienze. Nel 1861 il Patelegrafo fu brevettato, e grazie ai buoni uffici di Froment, Caselli ebbe l'attenzione di Napoleone III che lo insignì della Legion d'onore. Nel 1864 l'amministrazione telegrafica francese avviò la sperimentazione del Pantelegrafo, l'anno successivo fu attivato il servizio sulla linea Parigi - Lione - Marsiglia. Nel 1867 il Pantelegrafo fu affiancato da un secondo sistema di trasmissione d'immagini, il “Kopiertelegraphen” di Bernhard Meyer, ritenuto più efficiente della macchina di Caselli. In conseguenza della guerra franco-prussiana, nel 1871 il servizio sperimentale delle due macchine fu definitivamente interrotto. Il pantelegrafo fu sperimentato anche in Inghilterra sulla linea Londra - Liverpool ma, il previsto servizio pubblico non fu mai attivato, e nel 1864 la sperimentazione cessò. Altre esperienze con la macchina del Caselli furono realizzate in Russia, ove fu installata una linea tra le residenze imperiali tra Mosca e San Pietroburgo, ed in Cina, ove fu richiesta una dimostrazione a Pechino, mai tenutasi. Nel 1867 caselli fece rientro in Toscana e si stabilì nella natia Siena, ove fu nominato direttore delle scuole comunali. La "Società Anonima del Telegrafo Pantografico Caselli", incapace di promuovere adeguatamente la nuova tecnologia, fallì prima della morte di Caselli avvenuta a Firenze il 5 ottobre 1891.
[5] "Letture di Famiglia", Annata V, Trieste 1856 pag. 125.
[6] "Del Pantelegrafo Caselliano, memoria del Cav. G. Pagni" pag. 4, tipgrafia G. Mariani, Firenze 1858
[7] Il governo francese acquistò i diritti del Pantelegrafo dopo aver osservato la macchina all'esposizione italiana del 1861 di Firenze. I francesi utilizzarono la macchina nel corso della guerra franco-prussiana del 1870; pag. 249 "La esposizione italiana del 1861: giornale con 190 incisioni e con gli atti ufficiali della commissione" Firenze barbera 1861.
Azione della "Società Anonima del Telegrafo Pantografico Caselli", dotata di un capitale di 50.000 Franchi, fu approvata con decreto dell'Imperiale Reale Governo Toscano del 30 gennaio 1857.
Il "Kopiertelegraphen" di Bernhard Meyer adottato dall'amministrazione telegrafica francese nel 1867.