Le Esposizioni Universali | Le Due Sicilie e l'Esposizione Universale di Parigi del 1855
Correva l'anno ventesimoterzo dell'avvenimento al trono di S.M. il Re Ferdinando II, si era appena conclusa a Napoli la "Solenne Pubblica Esposizione d'Arti e Manifatture"[1] che il corrispondente della "Civiltà Cattolica" scriveva [2]: "Tutto il mondo parla d'esposizioni industriali. Anche noi [delle Due Sicilie N.d.A.) avemmo la nostra che durò tutto Giugno. Quando apparirà il novero dei premiati, ve ne scriverò distintamente. Per ora mi basti notar due cose. La prima che non fu l'esposizione napoletana un pensiero ingenerato dal palazzo di cristallo di Londra. Molti anni innanzi a quella generale esposizione, qui già faceasi la mostra pubblica de' prodotti dell'industria nazionale con la premiazione delle opere migliori. La seconda cosa è che l'esposizione napoletana confermava i conoscitori di questo Regno nella loro antica opinione nel doversi esso per ogni maniera d'industrie locare assai dappresso alle più grandi ed ingegnose nazioni". La corrispondenza del periodico gesuitico palesava il clima entusiastico che si respirava nella Capitale per l'ottima riuscita dell'esposizione, oggetto di notevole interesse anche all'estero.
In Francia, la cronaca della mostra industriale napoletana fu dettagliatamente riportata da "L'Annales du Commerce Extérieur", per essere poi ripresa, in prima pagina, da "Le Moniteur Universel" [3] del 13 gennaio 1854, e da "Le Moniteur Belgie", sul numero del 19 gennaio del 1854. Anche l'autorevole rivista milanese, "Annali Universali di Statistica", nel fascicolo di gennaio-marzo 1854, riportò la cronaca dell'esposizione napoletana con un articolo tradotto da "Le Moniteur Belgie".
L'attenzione della Francia verso lo stato dell'economia delle Due Sicilie trovò efficacie testimonianza nel consueto rapporto annuale redatto nel luglio 1853 [4] dal console francese a Napoli. Il documento consolare, destinato al governo di Parigi, analizzando lo stato generale dell'economia e dell'industria del regno, s'espresse con parole d'elogio per la capacità imprenditoriale e la modernità delle tecnologie applicate dalla gran parte delle ditte presenti alla Solenne Esposizione di Napoli.
Il complesso delle osservazioni offrì il quadro d'un paese che, quantunque avesse ancora molta strada da compiere per raggiungere gli alti livelli di sviluppo dei paesi europei più avanzati, dimostrò elementi d'indubbia positività e dinamicità [5].
Il rapporto consolare si posizionò a cavallo tra due eventi: la conclusione della esposizione napoletana d'arti e manifatture e l'annunciata "Exposition Universelle des produits de l'Agriculture, de l'Industrie et des Beaux-Arts" di Parigi, prevista per il maggio 1855.
Il Reale Istituto d'incoraggiamento di Napoli, sin dal 1850, contestualmente all'invito per la partecipazione alla "Great Exibition" di Londra, diramò avvisi ad artisti, fabbricanti, operai napoletani affinché preparassero "lavori", "macchine" o invenzioni" da presentare alla mostra parigina [6].
Due decreti promulgati da Napoleone III l' 8 marzo ed il 26 dicembre 1853 stabilirono:
- l'istituzione di una commissione imperiale , presieduta dal cugino dell'imperatore, il principe Napoléon Joseph Charles Paul Bonaparte, a cui fu affidato il compito d'organizzazione, sorveglianza e direzione dell'Exposition;
- il rinvio al 1855 dell'esposizione di Belle Arti, già prevista per il 1854, riunificandola con l'esposizione universale d'agricoltura ed industria, ritenendo l'arte strettamente connessa all'industria.
Per ragioni di competenza, le commissioni furono due, una per l'Agricoltura e l'Industria, affidata al Reale Istituto d'Incoraggiamento, ed una per la sezione delle Belle Arti, affidata al Reale Istituto di Belle Arti di Napoli, all'epoca diretto dall'architetto Pietro Valente. La composizione della commissione industria e agricoltura fu la medesima della Solenne Esposizione di Napoli del 1853, ovvero: il cavaliere Felice Santangelo, il marchese don Gianmaria Puoti, il professor Giovanni Guarini, il professor Francesco Briganti, don Carlo Santangelo, il professor Domenico Presutti, Cavaliere Francesco Del Giudice e don Nicola Laurenzano. Una scelta tecnicamente e politicamente opportuna che andò incontro al gradimento francese, già espresso sulle colonne de "L'Annales di Commerce Extérieur" e del "Le Moniteur Universel".
L'11 novembre 1854 l'incaricato degli Affari Esteri, Luigi Carafa della Spina duca di Traetto, comunicò alla commissione imperiale di Parigi [7], entro i termini imposti dai regolamenti generali dell'esposizione universale (20 novembre 1854), la formazione della commissione delle Due Sicilie [8].
Una successiva missiva dello stesso Ministero, adempiendo a quanto richiesto all'articolo 12 comma 3 del Réglement Géneral, notificò alla commissione imperiale la richiesta dello spazio espositivo necessario alla delegazione delle Due Sicilie, valutato in 150 mq [9].
Nel dicembre dello stesso anno, per sovrana determinazione, fu reso noto che per agevolare l'afflusso dei prodotti, su cui non gravava il divieto "d'estrazione", veniva concessa la franchigia doganale all'esportazione ed alla re-importazione, ad eccezione di quei prodotti che non sarebbero rientrati nel regno al termine dell'esposizione parigina [10].
Parigi 1855, l'esposizione universale per l'industria e le belle arti
Nel clima di crescente tensione tra il governo napoletano e le potenze coalizzate nell'alleanza anti-russa ed impegnate nelle guerra di Crimea, gli sforzi compiuti dal Reale Istituto d'Incoraggiamento per stimolare la partecipazione degli "industriali" regnicoli all'evento parigino, non ebbero il riscontro auspicato.
Si ripresentò, in forma più accentuata quanto già verificatosi in occasione dell'esposizione londinese; la riluttanza degli imprenditori nell'investire proprie risorse economiche per prender parte ad esposizioni organizzate al di fuori della propria provincia. Un fenomeno già da tempo osservato dall'Istituto d'Incoraggiamento di Napoli che vi ravvisò il concreto pericolo "d'annientamento" delle esposizioni nazionali.
Il cav. Santangelo, vice-presidente dell'Istituto, nel 1841 arrivò a addirittura proporre che il Ministero dell'Interno ordinasse di cancellare le esposizioni biennali delle provincie continentali per concentrare tutti gli sforzi su quella nazionale [11].
La proposta non fu accolta, il governo sollecitò gli Intendenti provinciali ad attuare una puntale vigilanza sui produttori affinché partecipassero alle mostre organizzate nella Capitale. L'azione degli Intendenti si rivelò opportuna, progressivamente la partecipazione dalle province migliorò, sino al buon risultato raggiunto con la Solenne Pubblica Esposizione del 1853.
Per le esposizioni all'estero la situazione fu ben diversa; per l'Esposizione londinese del 1851, il concomitante attacco alla politica interna delle Due Sicilie, sferrato dal governo britannico, escluse ogni possibilità di partecipazione all'evento, per l'Esposizione in programma a Parigi, sebbene il contrasto diplomatico con Francia ed Inghilterra stesse raggiungendo un punto di non ritorno, il governo napoletano ebbe un atteggiamento più prudente. Pur non opponendosi alla partecipazione dei propri imprenditori, il governo non attuò la "tradizionale" pressione sugli Intendenti provinciali per stimolare le adesioni e , tra l'altro, non fu disposta la partecipazione alla Exposition Universelle del polo siderurgico calabrese di Mongiana, i cui ottimi lavori in ghisa tanti consensi raccolsero all'Esposizione di Arti e Manifatture di Napoli del 1853, e del pezzo forte dell'industria pubblica delle Due Sicilie, il "Reale Opificio di Pietrarsa", all'epoca il più grande stabilimento metalmeccanico d'Italia, un segnale che probabilmente ebbe non poca influenza sulle decisioni assunte dalle imprese del regno.
Anche i due maggiori opifici metalmeccanici della Capitale, la "Fonderia di ferro e costruzione di Macchine Zino, Henry & Co." e la "Guppy & Co." non aderirono alla manifestazione parigina. La "Zino, Henry & Co.", nei mesi della kermesse parigina, rivolse le proprie attenzioni ad una impegnativa ristrutturazione societaria conclusasi il 28 giugno 1855, con un accordo di ricapitalizzazione dell'azienda per il quinquennio 1855-1860.
Le stesse agevolazioni, concesse agli imprenditori dal real governo, non furono una leva sufficiente, solo un piccolo numero si presentò all'appello, quattro impresari da Napoli e due dalla Sicilia, tra questi ultimi il barone Francesco Anca che, al di là della sua presenza nella sezione industriale, s'adoperò nel contrastare l'inerzia dei produttori siciliani raccogliendo a sue spese, saggi e campioni di prodotti naturali, per proporli sotto il titolo di "prodotti agrari della Sicilia" [12] al successivo "Concours agricole universel d'animaux reproducteurs, d'instruments et de produits agricoles, français et étrangers", meglio noto come "Concours universel agricole", in programma a Parigi dal 23 maggio al 7 giugno 1856.
Il prestigio scientifico del barone Anca, sia in campo agricolo-zootecnico che come paleontologo, fu ben noto in Francia, tanto che la Société Impériale Zoologique d'Acclimatation lo accolse, nella tornata del 18 aprile 1855, tra i "membri titolari" e quale rappresentante della stessa società a Palermo.
Per la parallela esposizione delle "Belle Arti", offrirono la propria disponibilità alla partecipazione quattro artisti, uno per la sezione scultura e tre per la pittura.
Considerato lo stato critico dei rapporti con la Francia e l'esiguo numero d'espositori, il governo napoletano non ritenne opportuno confermare gli spazi richiesti nel novembre 1854 ritirando, di fatto, la propria adesione alla manifestazione.
La Legazione delle Due Sicilie, nella persona dell'ambasciatore, barone Emidio Antonini, ebbe incarico d'esplorare la disponibilità della Nunziatura Apostolica di Parigi ad unificare la rappresentanza d'imprenditori provenienti dal regno con quella pontificia ottenendo, dal cardinale Carlo Sacconi, Nunzio Apostolico di Francia, "ospitalità per i napoletani e i siciliani" nei padiglioni degli Stati Pontifici diretti dal barone Joseph Crepin du Havelt [13].
L'ospitalità Vaticana non fu una semplice cortesia verso il re Ferdinando II ma un atto politico di "compattamento degli Stati meridionali " (14) per rafforzare la distanza della Chiesa dal progetto d'espansione dagli Stati Sardi verso il centro-Sud della Penisola. Nella difficile congiuntura internazionale, gli orientamenti della Francia sulla questione italiana consentirono la caratterizzazione, anche simbolica, di una autonoma presenza dello Stato della Chiesa alla Esposizione di Parigi del 1855. Contrariamente all'esposizione londinese del 1851 ove, anche dal punto di vista della sistemazione degli stand espositivi degli Stati italiani, la Gran Bretagna volle esprimere in modo intellegibile il proprio orientamento di favore verso la politica d'espansione piemontese; A Parigi le cose andarono diversamente. I padiglioni non furono presentati sotto l'unica denominazione d'Italia, differenziati per territorio di provenienza (Toscana, Roma, Sardegna), ciascun regno mantenne la propria autonoma identità statale, rimandando all'Inghilterra un chiaro segnale della politica francese verso l'Italia. Roma, sotto l'insegna: "Ètats Pontificaux" , ebbe quindi modo, di presentarsi all'Esposizione di Parigi come un attore di primo piano nella difficile "questione italiana".
L'allestimento del padiglione pontificio, iniziato il 27 giugno 1855, si concluse ai primi di luglio in tempo per accogliere tutti gli espositori, anche quelli delle Due Sicilie che, come per le delegazioni di molti altri Stati, giunsero in ritardo sui tempi imposti dal regolamento, l'ammissione fu, infatti, autorizzata dalla commissione imperiale solo il 7 maggio 1855, ed ufficializzata nel supplemento alla seconda edizione del catalogo dell'esposizione [15].
Per la sezione dedicata all'industria gli imprenditori regnicoli ammessi furono:
- per la Classe 10 (arts chimiques, teintures et Impressions; Industries des papiers, des peaux, etc.): il barone Francesco Anca di Palermo, presentò un innovativo procedimento per la produzione del Citrato di Calce; la ditta Felice Genevois di Napoli [16] propose i profumi e saponi da toletta (oli profumati, aceti da toletta, unguenti, etc.) di propria produzione,
- per la Classe 17 (orfèvrerie, bijouterie, industries du bronze artistique): la ditta Avolio padre e figli di Napoli, presentò i propri gioielli e cammei,
- per la Classe 25 (confection des articles de vêtement, fabrication des objets de mode et fantaisie): il greco-siculo Basilio Scariano di Palazzo Adriano (Palermo) presentò il "Psalisometro", uno strumento di precisione per sartoria di propria invenzione, già presentato nel 1844 al Reale Istituto d'Incoraggiamento di Palermo,
- per la Classe 26 (dessin et plastique appliqués à l'industrie, imprimerie en caractérs et en laille-douce, photographie, etc.): Gennaro Riccio, magistrato e numismatico da Napoli, presentò il suo "Catalogo di antiche medaglie consolari e di famiglie romane" [17] con illustrazione galvanoplastica a rilievo e coloritura metallica,
- per la Classe 27 (fabrication d'istruments de musique):la ditta Clemente Di Bartolomeo di Napoli, presento la propria produzione di corde armoniche per violino, viola e violoncello [18].
Al di fuori del padiglione pontificio, l'industriale napoletano Felice Abate, con il socio inglese John Julius Cléro de Clerville, parteciparono per la Classe 24 (industries cocernant l'ameublement et la décoration) sotto la denominazione "Abate and de Clerville's Printing & C.". La ditta anglo-napoletana, con sede a Londra, espose nello stand britannico presentando un procedimento per l'imitazione del legno sulla carta da parati mediante una macchina a stampa d'invenzione dello stesso Abate.
Dal quadro fornito dalla seconda edizione del catalogo dell'Exposition, i sei espositori delle Due Sicilie non appaiono come la rappresentanza più esigua, altre realtà furono equivalenti o addirittura inferiori, come l'impero Ottomano con solo due proposte, alcuni ducati della Confederazione germanica, gli Stati vassalli della Sublime Porta, o gli Stati del Sud America, tutti con rappresentanze oscillanti tra uno e sette partecipanti.
Per la sezione dell'Esposizione dedicata alle Belle Arti, la Commissione imperiale selezionò le opere da presentare di Paesi partecipanti adottando un rigido parametro di rispetto dei canoni della classicità e della tradizione, tendo fuori tutto quello che poteva essere considerato "avanguardia".
Tra gli artisti penalizzati da questo criterio vi fu Gustave Courbet, il cui stile "realista" fu giudicato degno di rappresentare una "corrente" definita "volgarismo".
In segno di protesta verso l'ottuso tradizionalismo dell'accademismo francese, Coubert promosse, in contemporanea con l'esposizione delle Belle Arti, un padiglione esterno, il "Pavillon du Realism", in cui espose le proprie opere rifiutate. Un evento di rottura con l'accademismo che anticipò ciò che nel 1863 fu il "Salon des Refusés", una esposizione concepita per accogliere le opere rifiutate dai Saloni Ufficiali di Belle Arti che ebbe, tra i suoi animatori, artisti "eretici" come Edgar Degas, Édouard Manet, Claude Monet, Camille Pissarro, James Whistler, Auguste Renoir e molti altri.
Per le Due Sicilie, la commissione insediata presso il Reale Istituto di Belle Arti di Napoli accreditò i soli artisti residenti in Francia:
- per la sezione scultura partecipò: Antonio Giovanni Lanzirotti, giovane artista napoletano residente a Parigi ed allievo di Joseph Michel Ange Pollet, presentò la sua opera prima, il gruppo in gesso: "Érigone et Bacchus";
- per la sezione pittura furono presentati: un ritratto di donna, eseguito a pastello dal pittore palermitano Giuseppe Bucalo Patania, residente a Parigi, figliastro ed allievo del noto pittore Giuseppe Patania deceduto a Palermo nel 1852; e tre quadretti, "Vaches dans un close", "Un âne chargé de bois" ed "Intérieur de bergerie" del pittore napoletano Giuseppe Paris, allievo di Jean-Victor Bertin, anch'egli residente nella capitale francese ed infine, due vedute bretoni "Paysage; vue de Bretagne" eseguite dal barlettano Beniamino De Francesco, stabilitosi in Bretagna.
Il pittore abruzzese Giuseppe Palizzi, fratello maggiore dei pittori Filippo, Nicola e Francesco Paolo, da tempo trasferitosi a Bourron-Marlotte, ai margini della foresta di Fontainebleau , in dissenso con l'ambiente dell'Accademia di Belle Arti di Napoli, partecipò all'esposizione sotto la bandiera francese con quattro opere: "Une vendange, chèvres", "Vaches à l’abreuvoir", "Charbonnière dans la forêt de Fontainebleau" e "Charbonnière dans la forêt de Fontainebleau, ânes".
Nel Palais des Beaux Arts, i quattro metri quadri assegnati dal comitato organizzatore al regno delle Due Sicilie furono associati ai sedici concessi alla delegazione pontificia, dando luogo ad uno spazio espositivo comune ma, diversamente da quanto predisposto per l'esposizione al Palais de l'Industrie, la nazionalità di provenienza degli artisti fu chiaramente indicata (Stati Pontifici - Regno delle Due Sicilie).
Con l'approssimarsi del primo maggio, giorno previsto per l'inaugurazione dell'Esposizione, fu chiaro che un rinvio sarebbe stato necessario. Nel corso della costruzione la superficie a disposizione delle "grandi macchine", all'interno del padiglione dell'industria, risultò insufficiente. La commissione imperiale decise d'apportare modifiche al progetto iniziale realizzando sul lungo Senna un nuovo edificio, l' Annèxe du Palais de l'Industrie, costituito da una galleria di 1,2 Km dedicata alle macchine, con relativo collegamento pedonale al "Palais de l'Industrie".
L'errore nella progettazione comportò il prolungamento dei lavori sino a tutto il mese di aprile 1855, inevitabili le critiche e le polemiche che accompagnano e precedettero l'evento; dalla qualità architettonica delle opere realizzate, alla distruzione degli olmi sulla spianata degli Champs-Élysées, dalla morte di cinque operai e cinquecentonovantaquattro feriti durante i lavori di costruzione, alla politica dei prezzi dei biglietti che non agevolò le classi meno abbienti.
Seguendo l'esempio britannico del 1851, anche la Francia decise che l'ingresso dell'Exposition sarebbe stato a pagamento, una scelta che andò in controtendenza alla tradizione di gratuità delle precedenti mostre sugli Champs-de-Mars. Il costo dei biglietti incise significativamente sullo squilibrio finanziario della manifestazione che, tra l'altro, non riuscì a trovare un grande consenso tra la classe operaia parigina, nonostante gli accessi a prezzi di favore concessi dall'imperatore.
Nei giorni antecedenti l'apertura della Esposizione si svolsero alcune manifestazioni ufficiali per presentare l'evento, tra queste un solenne "Te Deum" composto da Hector Berlioz, eseguito alla presenza dell'Imperatore nella Chiesa di S. Eustache il 30 aprile 1855. La monumentale opera musicale, sotto la direzione dello stesso compositore, fu interpretata da ben centosessanta strumentisti, seicento voci bianche, solisti di chiara fama e da un organo creato appositamente per l'occasione .
Il 15 maggio 1855, con quindici giorni di ritardo sulla data prevista, l'Exposition Universelle aprì le porte al pubblico, anzi i "tornelli" infatti, fu la prima volta che tale meccanismo venne impiegato per regolare il flusso in entrata dei visitatori, una novità che non mancò di stimolare la satira nell'osservare la difficoltà delle dame nel districare i vaporosi abiti tra le barre rotanti.
Con la solennità e l'enfasi demagogica dovuta a questo tipo di eventi, nel discorso inaugurale Napoleone III proclamò: «Con grande gioia apro questo tempio della pace che riunisce tutti i popoli in uno spirito di concordia»; in quello stesso momento le truppe francesi, inglesi, turche e russe [19] si massacravano a vicenda per contrastare il diritto della Russia a governare la Crimea e a Parigi, appena poche ore prima, all'alba del 14 maggio 1855, Giovanni Pianori, detto il Brisighellino, un terrorista mazziniano romagnolo, venne ghigliottinato per aver tentato d'assassinare lo stesso imperatore, reo d'aver "pugnalato" la Repubblica Romana e la Seconda Repubblica francese.
Nonostante il trionfalismo, il gigantismo e le affermazioni di pace universale, i problemi aperti dallo scompaginamento degli equilibri europei entrarono a gamba tesa nell'evento parigino, non ultima la "Questione Italiana", riproposta da Vittorio Emanuele II di Savoja in visita all'Esposizione Universale, ad un tentennate Napoleone III, ben consapevole che l'imperatrice Eugenia era a capo di un blocco conservatore annesso alla difesa del Papa e l'opinione pubblica cattolica, ma anche la borghesia ed i circoli industriali francesi, temevano ed avversavano l'avventura di una guerra contro l'Austria.
Dal 15 maggio al 15 novembre 1855, il "Palais de l'Industrie" accolse i visitatori con i suoi 20.839 espositori di cui oltre il 50%, ovvero 10.681, provenienti dall'Impero francese (Francia, tre provincie algerine e otto colonie), i restanti 10.148 rappresentarono i 53 Stati partecipanti e tra questi, ebbero maggiore rilevanza la Gran Bretagna con 2.583 espositori (colonie incluse); il Regno di Prussia con 1.313 espositori e l'Austria, con 1.296 espositori, per un totale 5.192 espositori, pari ad oltre il 51% degli Stati partecipanti.
Tra le visite illustri di teste coronate e capi di Stato, il 22 agosto 1855 la regina Vittoria fece una storica visita di Stato a Parigi, fu la prima volta che un monarca britannico visitava la capitale francese in oltre quattrocento anni, suggellando una inversione di tendenza nelle relazioni anglo-francesi. Solo quarant'anni dopo la sconfitta di Napoleone Bonaparte nella battaglia di Waterloo, Francia e Gran Bretagna erano alleate contro la Russia nella guerra di Crimea. Il cerimoniale della visita non poté ignorare l'Esposizione Universale, il principale evento in corso nella capitale francese, visitato dalla sovrana britannica il 20 agosto.
Migliaia di macchine furono presentate al pubblico; locomotive, magli rotanti, motori idraulici , macchine per la movimentazione dei carichi, ventilatori, gallerie del vento, modellini di battelli a vapore, macchine sartoriali, macchine per l'industria forestale e l'agricoltura, come seminatrici, mietitrici, falciatrici e non meno di duecentosedici aratri provenienti da tutta Europa.
I visitatori, oltre le macchine, ebbero modo di scoprire vari oggetti, dai più bizzarri ai più comuni, come campioni di ricamo e tessuti, mobili, lampade, statue, ceramiche, argenterie, ed altri complementi di arredo per case benestanti ed ancora, tabacco appena tostato, una serie di sassofoni inventatati da Adolphe Sax (brevetto francese n. 3226 del 21 marzo 1846), nuovi pianoforti Erard-Pleyel., il tosaerba, la lavatrice ed asciugatrice della "Manlove, Alliot & Seyrig" di Nottingham , il revolver a sei colpi di Mr. Colt, la "Locomobile", alimentata all'olio di petrolio, le macchine da cucire "Singer", una bambola parlante, e molto altro. Il frastornato visitatore, attraversando quella babele di prodotti e manufatti, ebbe la possibilità di godere d'una pausa sorbendo una fumante tazza di caffè appena sgorgata dalla caffettiera idrostatica del signor Loysel, prima macchina per caffè espresso da ben 2.000 tazzine l'ora.
Anche l'elettricità ebbe il suo spazio, venne presentato lo stato d'avanzamento del lavoro per il collegamento telegrafico sottomarino tra gli Stati Uniti e L'Europa, un'impresa che, anche sotto il profilo industriale, riscosse notevole interesse per la sperimentazione di nuovi sistemi d'isolamento che si sperava, portassero a soluzione il rapido degrado delle linee telegrafiche sottomarine e quindi, eliminassero le continue interruzioni delle comunicazioni.
Da Austria, Svizzera, Svezia e Prussia, quattro espositori proposero altrettanti prototipi di telegrafi, la cui particolarità fu la trasmissione simultanea di due messaggi in due direzioni opposte sul medesimo filo elettrico.
Non marcarono gli orologi elettrici, di cui la città di Napoli, sin dal dicembre del 1854, ne aveva percepito la novità e l'utilità, provvedendo ad acquistarne uno, poi istallato al Largo di Castello, nello spazio antistante l'ufficio centrale dei telegrafi elettrici. Infine, in questo sommario elenco, non poté mancare la fotografia, questo nuovo mezzo d'espressione, per la prima volta fu mostrato al grande pubblico.
La stessa cronaca giornalistica dell'Esposizione si avvalse di questo innovativo media, fornendo all' Illustration. Journal universel , le fotografie da cui furono ricavate le incisioni per il giornale (all'epoca non esisteva ancora la tecnologia per trasferire le foto sui fogli a stampa).
L'Esposizione del 1855, come per la precedente di Londra del 1851, fu occasione per poter valutare quanto il mercato internazionale offriva in termini d'innovazione tecnologica. Come di consuetudine, il governo delle Due Sicilie inviò a Parigi emissari per studiare e "carpire" le tecnologie che avrebbero potuto interessare il sistema produttivo del regno. Tra questi "inviati speciali" ci fu il prof. Alessio Marone (vedi pagina "Il Telefax delle due Sicilie"), titolare di chimica presso il Reale Opificio di Pietrarsa, inviato a Parigi, proprio dalla direzione dello stesso opificio, e la Regia Missione a Parigi, per ordine sovrano, incaricata dal Ministro degli Affari Esteri di preparare rapporti sulle novità presentate e ritenute più utili all'economia ed alla vita civile del regno dal Reale Istituto d'Incoraggiamento. Il segretario di Legazione, D. Luigi Cito, marchese di Torrecuso, s'occupò di vagliare, secondo le indicazioni provenienti da Napoli, due filoni espositivi: quello della sezione delle "machines agricoles", aperta al pubblico il 5 giugno 1855 , e quello della "galerie de l'économie domestique", inaugurata il 15 settembre 1855.
La galerie de l'économie domestique, prima iniziativa del genere in Europa, promossa da tre associazioni benefiche inglesi, tra cui la Royal Society for the Encouragement of Arts, Manufactures and Commerce [20], si propose di mostrare al pubblico prodotti economici, quali tessuti, generi alimentari, oggetti per la casa, la cucina, ed in genere per la vita domestica, atti a migliorare le condizioni di vita del sempre più vasto proletariato urbano, vera sfida sociale affacciatasi con forza alla ribalta europea della seconda metà dell'Ottocento.
Nella tornata del 12 giugno 1856, il vice segretario del Real Istituto d'Incoraggiamento di Napoli, il Cav. Francesco del Giudice, diede lettura ai soci della relazione proveniente da Parigi sulle macchine agrarie presentate alla mostra internazionale, illustrando le possibilità e l'utilità d'introduzione delle stesse nel regno. Le Due Sicilie, nazione agricola, ebbe una lunga storia relativamente all'introduzione di macchine applicate alla produzione agraria.
Sin dalla seconda metà del Settecento si erano adottati strumenti per facilitare la vita dei campi tuttavia, nella maggioranza dei casi, si trattò di prototipi impiegati dalle aziende agricole della corona, o di proprietari terrieri desiderosi di sperimentare l'impiego di macchine.
Dagli anni Venti dell'Ottocento, il confronto con i mercati esteri e la necessità di rendere più feconda ed economica la produzione agricola, stimolò il dibattito e le iniziative per introdurre aratri, mietitrici ed altre macchine agricole nella campagne del regno. In questo campo la Sicilia fu particolarmente attiva, importando dalla Francia e dall'Inghilterra, tra il 1851 ed il 1860 macchine come aratri, erpici, pigiatrici, mietitrici, pompe per la risalita dell'acqua, alcune delle quali furono modificate per adattarle ai terreni a forte pendio o al tiro dei buoi siciliani. Lo sviluppo della meccanizzazione ebbe rilevanza soprattutto nell'area di Palermo e nei terreni lungo le coste, ove si sviluppò la coltivazione degli agrumi, prodotto di punta dell'esportazione verso gli Stati Uniti, e la viticoltura.
Nell'interno dell'Isola, la secolare produzione granicola continuò ad adottare i sistemi di lavoro tradizionali basati sulla forza fisica dei contadini, ma non mancarono esperienze di "fattorie modello" come quelle del barone Francesco Anca e di suo fratello Angelo, di Ignazio e Vincenzo Florio, del barone Turrisi a Bonvicino, del barone Lucio Tasca e dell’omonimo nipote conte d’Almerita a Regaleali.
Nel 1856, a seguito delle ricognizioni fatte alle esposizioni di Londra e Parigi, su ordine del Reale Istituto d'Incoraggiamento di Palermo fu acquistata una mietitrice dell'americano McCormick, ed affidata all'Istituto Agrario di Castelnuovo (Palermo) per la sperimentazione, sotto la direzione del prof. Inzenga, sui terreni della tenuta del Real Sito della Favorita. Gli effetti delle Esposizioni in campo agricolo si fecero sentire anche in Terra di Lavoro, nelle Puglie ed in Molise ove, l'impulso delle Reali Società Economiche provinciali favorì l'introduzione di nuovi aratri ed altre macchine mentre, nelle altre province, s'avviarono sperimentazioni dimostrative nel tentativo di stimolare i riluttanti proprietari terrieri ad adottare moderni metodi di coltivazione meccanizzata.
Sull'altro versante, ovvero quello dell'économie domestique, il Reale Istituto d'Incoraggiamento di Napoli presentò la relazione proveniente da Parigi nella tornata del primo quadrimestre del 1856 [21], un tema sociale di grande rilevanza che anche nel regno poneva il "difficile problema d'ottenere con la minore spesa possibile, e di buona qualità, tutte le cose necessarie agli usi domestici, al vestire, all'igiene, ed anche al nutrimento del basso popolo" .
La relazione del cav. del Giudice illustrò le caratteristiche dei principali oggetti esaminati dalla legazione di Parigi, tutti accomunati dal modico costo di produzione e d'acquisto. L'assemblea, del Real Istituto d'Incoraggiamento, accogliendo gli orientamenti proposti dalla relazione dal vice segretario, espresse voti favorevoli allo stanziamento di trecento Franchi per per l'acquisto, tramite la legazione di Parigi, di alcuni campioni da esaminare a Napoli, per poi proporre al governo d'agire su tre direttrici: l'acquisto all'estero degli oggetti più utili alle gestione dei Reali Istituti di Beneficenza, porre tariffe doganali di favore per l'importazione di tali generi nel regno, stimolare l'industria nazionale ad avviarne la produzione e la diffusione tra le classi meno agiate.
Il 15 novembre 1855 quarantamila persone parteciparono alla cerimonia finale di premiazione, il Comitato organizzatore stabilì quattro gradi per i riconoscimenti da assegnare: medaglia, d'oro, medaglia d'argento, medaglia di bronzo e menzione d'onore. I criteri con cui le giurie delle varie classi del settore industriale assegnarono i premi furono: Medaglia d'oro, per la presentazione di collezioni complete inviate da Stati esteri o da città o centri di produzione che offrivano un'elevata utilità dal punto di vista industriale, accompagnate da un'eccezionale perfezione dovuta all'arte, al gusto, alla scienza e al duro lavoro, a scoperte o invenzioni molto importanti che hanno raggiunto lo stadio di un importante sfruttamento industriale, o a un considerevole aumento dell'utilità di un prodotto già conosciuto e reso accessibile, grazie alla riduzione del suo prezzo, ad un consumo più generale; Medaglia d'argento, per il gusto, la forma o la lavorazione superiore, o per collezioni di interesse dal punto di vista dell'educazione, o per un significativi progressi compiuti nel settore manifatturiero che si traducono in una produzione migliore, più piacevole, più utile e più durevole, o una riduzione del prezzo degli articoli di largo consumo; Medaglia di bronzo, per la buona fattura, o per le qualità della forma e del gusto, o per effettivi miglioramenti nei mezzi di produzione, o per una maggiore utilità dei prodotti, o per la riduzione dei loro costi; Menzione d'onore, per i prodotti che si siano distinti per uno dei meriti elencati al precedente punto, quando la novità dell'invenzione o i bassi volumi produttivi non darebbero luogo all'assegnazione di una medaglia di bronzo. Per le Belle Arti i riconoscimenti furono i medesimi ma a cambiare furono i criteri di scelta, le medaglie furono assegnate sulla base del giudizio espresso dalla giuria di ciascuna delle tre classi, pittura, scultura ed Incisione, senza che fosse stabilito un parametro "tecnico", come per l'industria.
Ai premi ordinari stabiliti dal regolamento, s'affiancò la gran medaglia d'onore, assegnata per meriti eccezionali in campo industriale o artistico oltre a ciò, l'Imperatore, su segnalazione del gran giurì dell'Esposizione, si riservò il diritto d'assegnare speciali segni di pubblica gratitudine a chi si era distinto per gli eccellenti servizi resi alla civiltà, all'umanità, alle scienze e alle arti, o d'incoraggiamento per i notevoli sacrifici fatti per il bene generale.
I riconoscimenti assegnati agli espositori delle Due Sicilie
Per la sezione industria, gli espositori pontifici e quelli provenienti dal regno delle Due Sicilie furono premiati congiuntamente.
Riconoscimenti furono assegnati a tutti i componenti della delegazione delle Due Sicilie, testimoniando la buona qualità dei prodotti e delle invenzioni proposte:
- per la Classe 10 (arts chimiques, teintures et Impressions; Industries des papiers, des peaux, etc.): Menzione d'onore al barone Francesco Anca di Palermo, con auspicio del Giurì che la produzione industriale del Citrato di Calce potesse svilupparsi in tempi brevi; Menzione d'onore alla ditta Felice Genevois di Napoli, favore del pubblico per i suoi prodotti di profumeria, particolarmente apprezzati dalla giuria e dai consumatori i saponi a base di potassa detti "Savon de Naples",
- per la Classe 17 (orfèvrerie, bijouterie, industries du bronze artistique): Medaglia d'oro per la ditta Avolio padre e figli di Napoli, il Giurì valutò i Coralli incisi e scolpiti, una lavorazione preziosa ed una importante industria del cammeo;
- per la Classe 25 (confection des articles de vêtement, fabrication des objets de mode et fantaisie): Medaglia d'argento per la classe 25 sezione VI (Meccanica speciale e macchine per sartorie industriali) e Medaglia d'argento per la classe 25 sezione VIII (Strumenti di precisione) per Basilio Scariano di Palermo, il "Psalisometro", lo strumento per sartoria di sua invenzione, riscosse notevole interesse tra gli addetti ai lavori, tanto che il Maresciallo Vaillant, Ministro della Guerra, ordinò d'esaminare il dispositivo, ritenuto utile al confezionamento delle uniformi;
- per la Classe 26 (dessin et plastique appliqués à l'industrie, imprimerie en caractérs et en laille-douce, photographie, etc.): Menzione d'onore per Gennaro Riccio, magistrato e numismatico da Napoli, per il suo "Catalogo di antiche medaglie consolari e di famiglie romane" con illustrazione galvanoplastica a rilievo e coloritura metallica,
- per la Classe 27 (fabrication d'istruments de musique): Medaglia d'oro per la ditta Clemente Di Bartolomeo di Napoli, per la produzione di corde armoniche per violino, viola e violoncello.
Il napoletano Felice Abate, con il socio inglese John Julius Cléro de Clerville, furono premiati con una medaglia d'oro per la Classe 26 ed una medaglia d'argento per la Classe 24 per la macchina a stampa presentata nel padiglione britannico.
La vicenda imprenditoriale di Basilio Scariano è degna di esser ricordata [22]. Dopo l'assegnazione dei riconoscimenti Scariano inviò al Re Ferdinando II una supplica con la quale richiese un sostegno economico per poter commercializzare in Francia il suo "Psalisometro".
Il 15 aprile 1856, il Reale Istituto d'Incoraggiamento di Palermo concesse un finanziamento di 150 Ducati che Basilio investì, con Raphael Paul de Villamit, nella costituzione di una società con sede in Parigi in rue Le Peletier n°10, nei pressi dell’Opéra.
Il 17 gennaio 1856 fu loro concesso privativa decennale per il Regno delle due Sicilie (decreto n. 2816/1856), il 26 giugno dello stesso anno acquisirono il brevetto industriale britannico (Patent n. 1510/1856) per l’invenzione e il perfezionamento di uno strumento per "Taking Measures and Setting out the Forms of Garments", da allora Sacariano esercitò a Parigi la sua professione, fu anche “Professeur de coupe de vêtements” e pubblicò, sui giornali francesi di moda femminile, "carta-modelli" degli abiti che le signore di Parigi si facevano confezionare presso il suo laboratorio.
E' inoltre interessante rilevare che anche nell'esposizione parigina, la presenza, ed in alcuni casi anche l'assenza di Napoli, in alcune delle produzioni proposte, fu un dato concreto il cui segno fu avvertito. Esempio fu la coltivazione dei bachi da seta, la carenza di coltivatori qualificati, e la mancata presenza di quelli del Lombardo-Veneto (Milanese) e di Napoli, fu segnalata tra le insufficienze del settore dedicato all'industria agricola, in particolare quella serica [23].
Il Campionario dei prodotti presentati dagli espositori dei vari paesi che, in un modo o in un altro, impiegarono materiali o oggetti prodotti nel regno delle Due Sicilie, fu vario e spaziò dai tessuti, come la commercializzazione all'ingrosso del gros de Naples, già segnalato per Londra nel 1851, alle corde armoniche del principale cordaio francese di origini napoletane, Henry Savarese, premiato con una medaglia d'oro per la sua produzione, certamente di buona qualità, ma non al livello delle ricercatissime corde armoniche della ditta Di Bartolomeo.
La superiore qualità della produzione regnicola fu confermata anche nella presentazione della ditta Simon di Parigi, importatrice per il mercato francese di corde armoniche prodotte a Napoli. Nel settore dei materiali per le costruzioni civili, medaglie d'oro furono assegnate a ditte i cui materiali provenivano dal regno, come la pozzolana importata da Napoli dalla ditta Pavin de Lafarge et L. Regny di Marsiglia, o il bitume, acquisito nei giacimenti di Roccasecca, vicino Caserta, utilizzato dalla società della Val De Travers . Nell'industria alimentare, la fabbrica di paste alimentari "Magnin" di Clermont Ferrand, fu addirittura premiata con la gran medaglia d'onore con la motivazione di aver "superato" le paste italiane e di aver "raggiunto questo risultato solo grazie agli sforzi perseveranti per venticinque anni e per quattro volte, [il sig. Magnin n.d.a.] è andato a studiare i processi di produzione a Napoli...".
E' opportuno notare che il riconoscimento assegnato alle paste alimentari "Magnin" cadde in un periodo storico particolare, in cui la produzione napoletana, per ordine di Ferdinando II, era pressoché sparita dai mercati europei a seguito dell'embargo, deciso dal governo napoletano, di tutti i prodotti a base di grano diretti verso i paesi belligeranti, Francia compresa, impegnati nella guerra contro la Russia.
Nel valutare la performance della pattuglia regnicola, possiamo serenamente affermare che non fu nulla di confrontabile con le grandi produzioni industriali europee. Le aziende proposte dalle rappresentanze nazionali di Sardegna, Toscana e Stati Pontifici-Due Sicilie, non ebbero caratteristiche industriali, fu pressoché assente la meccanica applicata all'industria, in larghissima misura i prodotti presentati furono derivati dall'estrazione mineraria o da lavorazioni tessili.
La dimensione delle imprese, escludendo quelle Statali, ebbero generalmente un carattere artigiano o semi-artigiano, alcune di grande qualità, ma lontane dalle più moderne tecniche di lavorazione e di organizzazione del lavoro.
La stessa industria meccanica delle Due Sicilie, non presente all'Esposizione, sebbene all'epoca fosse tra le maggiori d'Italia, non poté ancora competere sul piano internazionale, sia per limiti d'invenzione che di mercato difatti, in gran parte, riproduceva o migliorava modelli esteri destinati a coprire il fabbisogno del mercato interno protetto, ed una esportazione ancora circoscritta allo Stato Pontificio ed al Piemonte.
Sul versante delle Belle Arti, la rappresentanza delle Due Sicilie non ebbe assegnato alcun riconoscimento. In generale le opere presentate dagli Stati Italiani non raccolsero il consenso della critica, giudicate non all'altezza della tradizione artistica espressa in passato dall'Italia.
Un risultato sufficiente fu raggiunto soprattutto dall'Austria, con la premiazione degli scultori del Lombardo Veneto Innocenzo Fraccaroli (medaglia di prima classe), Anton Fernkorn e Pasquale Miglioretti (medaglia di seconda classe), Giovanni Maria Benzoni e Vincenzo Vela, svizzero operante a Milano, (menzione d'onore).
Gli Stati italiani presenti nella sezione scultura, non ebbero riconoscimenti ad eccezione del Gran Ducato di Toscana con Giovanni Dupré, medaglia di prima classe, e menzione d'onore a Giuseppe Pierotti e Torquato della Torre, quest'ultimo suddito austriaco riparato a Firenze. La lucida critica di Gustave Planche, dalle pagine della Revue des deux mondes, osservò che da Napoli a Venezia, "non c’è nulla in queste figure che riveli una vocazione ben decisa alla statuaria" mentre Charles Baudelaire, nel suo saggio "Esposizione Universale 1855 - Belle Arti", in veste di critico d'arte ebbe modo d'osservare e mettere in luce la mediocrità dell'arte italiana, oltre a scagliarsi contro lo spirito positivista e l'idea stessa di progresso che animava l'esposizione, definita "un infido fanale che acceca la visione della storia e quindi, da spegnere".
Volendo fare un rapido bilancio dell'Esposizione, lo scontro, anche mediatico, tra Inghilterra e Francia mise in ombra gli espositori delle restanti nazioni e finì per caratterizzare le prime edizioni dell'Esposizione Universale, la presenza italiana fu pressoché irrisoria attestandosi, per l'evento londinese del 1851, sul 2% in rapporto al totale degli espositori, un dato che per l'esposizione di Parigi del 1855 fu addirittura peggiore, se si considera la seppur minima quota di partecipazione delle Due Sicilie.
Il 15 novembre 1855 l'Exposition Universelle chiuse i battenti, 5.162.330 i visitatori che percorsero le navate del Palazzo dell'Industria, il costo della manifestazione fu di 11.340.000 franchi a fronte di entrate per 3.200.000 franchi con un disavanzo di quasi 8 milioni.
Fu comunque una vera e propria operazione di prestigio che mostrò alle nazioni straniere la "grandezza" della Francia e che permetterà a Napoleone III di consolidare la sua posizione. Alla sessione di chiusura, nel pronunciare il suo discorso, l'imperatore dei francesi affermò: "...Signori, L'esposizione che sta per finire offre al mondo un grande spettacolo...alla vista di tante meraviglie sparse davanti ai nostri occhi, la prima impressione è un desiderio di Pace. Dovete dunque tutti sperare, come me, che questa pace sia rapida e duratura; ma per essere duratura, deve risolvere chiaramente la questione che ha provocato la guerra... dite ai vostri concittadini, al ritorno in patria, che la Francia non ha odio per nessun popolo... Quanto a noi, popoli alleati per il trionfo di una grande causa,... siamo grandi nelle arti della pace come in quelle della guerra"...
Napoli, Solenne Esposizione di Arti e Manifatture del maggio 1853, sala Pompeiana presso la sede del Reale Istituto d'incoraggiamento.
Le Moniteur Universel , giornale ufficiale dell'Impero francese, numero del 14 gennaio 1854, in prima pagina resoconto della Solenne Esposizione Industriale di Napoli del 1853.
"Le Monieteur Belge" e "Annali Universali di Statistica", nel 1854 i due giornali rilanciarono il resoconto della Mostra Industriale tenutasi a Napoli nel 1853.
Decreto 8 marzo 1853 di convocazione dell'esposizione del Parigi 1855. In primo piano il principe Napoléon Joseph Charles Paul Bonaparte, cugino di Napoleone III, nominato presidente dell'Exposition Universelle con il successivo decreto imperiale del 26 dicembre 1853.
Medaglia commemorativa della storica visita della Regina Vittoria all'Esposizione Universale di Parigi del 1855. Un evento a suggellare l'alleanza tra Inghilterra e Francia nella guerra di Crimea.
L'Esposizione Universale di Parigi del 1855, tra l'altro, fu chiara espressione della percezione della Francia verso la questione italiana. Gli stessi allestimenti dei padiglioni restituirono una inequivocabile chiave di lettura verso l'espansionismo Sardo sostenuto dalla Gran Bretagna. Contrariamente a quanto verificatosi a Londra alla Great Exhibition del 1851, ove gli Stati italiani furono raccolti sotto l'unica insegna di "Italy", affiancati all'autonoma "Sardina", a Parigi ciascuno ebbe la propria visibilità statuale. La presenza degli "Ètats Pontificaux" fu il riconoscimento di Napoleone III , certamente sostenuto dall'imperatrice Eugenia de Montijo e dall'opinione pubblica francese di matrice cattolica, del rilevante ruolo politico di Pio IX nel difficile contesto della Penisola. La stessa scelta del Papa, d'accogliere all'interno dei propri spazi espositivi il regno delle Due Sicilie, fu il segnale di un tentativo di costituzione di un blocco centro-meridionale, contrapposto a quello piemontese.
Luigi Carafa della Spina duca di Traetto (1797-1871), Ministro degli Affari Esteri del regno delle Due Sicilie dal 1852 al 1860. Dotato di spirito critico e di abilità diplomatica, in occasione delle lettere di Gladstone, scontò l'atteggiamento del Re Ferdinando II che lo esautorò dal suo incarico per gestire in prima persona la politica estera del regno. Animato da una lungimirante visione politica, Carafa diffidò delle capacità e dell'esperienza di alcuni membri della famiglia reale napoletana, arroccati su posizioni di conservazione dell'assolutismo regio; fu ministro degli esteri anche sotto Francesco II, nei governi Filangieri e Satella, nel consiglio dei ministri del giugno del 1860 votò per la Costituzione. Dopo la caduta della monarchia napoletana si ritirò dalla vita politica attiva. Negli ultimi anni partecipò ai movimenti cattolici contro la proclamazione di Roma capitale d'Italia.
Da sinistra: L'ambasciatore Napoletano a Parigi e Bruxelles, barone Emidio Antonini, il nunzio apostolico di Francia, cardinale Carlo Sacconi, il barone Joseph Crepin du Havelt, commissario degli Stati Pontifici all'Exposition Univeselle. I tre personaggi s'adoperarono nella trattativa per unificare la rappresentanza d'imprenditori provenienti dalle Due Sicilie con quella degli Stati Pontifici.
Exposition Universelle des produits de l'Agriculture, de l'Industrie et des Beaux-Arts, entrata del Palazzo dell'Industria da Avenue des Champs Elysèes. Source gallica.bnf.fr / BnF
Veduta del Palazzo dell'Industria agli Champs Elysèes.
"DIO LI PROTEGGE - CIVILIZZAZIONE" Medaglia celebrativa dell'alleanza tra Inghilterra, Francia ed Impero Ottomano (1854). L'oggetto propaganda l'idea della "mission civilisatrice", propria dell'imperialismo occidentale, applicata al contesto della guerra di Crimea. Francia ed Inghilterra esportarono il proprio modello di ordine mondiale sostenendolo con la forza militare in nome di un autoproclamato diritto d'ingerenza in difesa delle "libertà" (economica, commerciale, industriale) dei "Popoli".
Cerimonia inaugurazione Esposizione Universale alla presenza dell'Imperatore Napoleone III, dell'Imperatrice Eugenia, dei più alti dignitari e funzionari dell'impero e diplomatici delle legazioni estere. Parigi, 15 maggio 1855 Palazzo dell'Industria. Source gallica.bnf.fr / BnF
Piano generale degli edifici della Exposition Universelle: n.1 Palazzo dell'Industria con ingresso dagli Champs Elysèe, n. 2 l'Annesso al Palazzo dell'Industria (galleria delle macchine) con ingresso dal corridoio di collegamento con lo stesso Palazzo dell'Industria e dall'Avenue du Course la Reine, n. 3 Il Palazzo delle Belle Arti con ingresso da Avenue Montaigne.
Schema degli spazi espositivi all'interno della galleria annessa al Palazzo dell'industria (in alto) e nel Palazzo dell'industria (in basso). In rosso sono indicati gli stand dello Stato Pontificio-Due Sicilie, Toscana e Piemonte.
Vista interna della galleria del Palazzo dell'Industria (Esposizione Universale di Parigi del 1855) .
"Il Tornichetto, la nuova invenzione di un nemico delle sottovesti di crinolina", satira per la novità dei tornelli adottati per regolare il flusso in entrata dei visitatori dell'Esposizione Universale. Honoré Daumier, da "Le Charivari" 1855.
Gennaro Riccio ( 1836 ?- 1874 ?), giudice e numismatico, nativo di Lucera (FG), presentò all'esposizione di Parigi del 1855, ricevendone una "menzione d'onore", il suo "Catalogo di antiche medaglie consolari e di famiglie romane" con illustrazione galvanoplastica a rilievo e coloritura metallica.
Le novità dell'Esposizione: la macchina idrostatica del sig. Loysel, il primo apparecchio per caffè espresso da duemila tazze all'ora.
Frontespizio del resoconto "intorno alcuni strumenti e macchine agrarie della mostra universale di Francia" tenuto il 12 giugno 1856 dal Cav. Del Giudice, segretario perpetuo del Reale Istituto d'incoraggiamento di Napoli, per vagliare la possibilità d'introdurre nuove macchine nell'agricoltura del regno. L'Istituto fu ben consapevole che una agricoltura moderna e meccanizzata avrebbe finito per favorire lo sviluppo industriale del regno e lo spostamento della mano d'opera eccedente dai campi alle fabbriche.
Nella sessione del primo quadrimestre del 1856 il Reale Istituto d'Incoraggiamento esaminò la relazione della regia Missione a Parigi in ordine agli oggetti esposti nella galleria d'economia domestica. Il Ministero dell'Interno delle Due Sicilie fu molto interessato a questo segmento dell'Esposizione Universale di Parigi del 1855, in sintonia con quanto avveniva nell'intera Europa, ove i governi si preoccuparono di migliorare le condizioni di vita popolari favorendo la produzione e la commercializzazione di generi di consumo economici che potessero migliorare l'alimentazione, le condizioni di vita e l'igiene delle persone. Si valutarono, piatti, stoviglie, pentolame. alimenti secchi, focolai economici in ferro con relative cappe d'aspirazione, una macchina francese per realizzare industrialmente calze economiche, apparecchi per illuminazione, letti "lit-canapé", e molto altro. Prodotti realizzati su scala industriale per il consumo di massa, che l'istituto ritenne utile introdurre anche negli stabilimenti gestiti dal Real governo.
Il prof. Giuseppe Inzegna (Palermo 1816- 1887) docente di Agricoltura presso l'Università di Palermo, in qualità di direttore a vita dell'Istituto Agrario Castelnuovo (dedicato "Alla Sicula Agricoltura"), nel 1856 diresse la sperimentazione della mietitrice meccanica McCormick sui terreni della tenuta del Real sito de "La Favorita" (Palermo). La macchina fu acquistata dal Reale Istituto d'Incoraggiamento di Palermo nel 1856, a seguito delle ricognizioni effettuate a Londra e Parigi nel corso delle Esposizioni Universali. Nell'immagine lo stato attuale dell'Istituto Agrario di Castelnuovo (PA) di proprietà della Regione Sicilia, sul lato destro, il prof. Inzegna.
"Se per un giorno si pagano cinque franchi, mi sembra che si debba poterlo assaggiare!" Satira sul costo eccessivo del biglietto d'ingresso all'Esposizione - Honoré Daumier, da "Le Charivari" 1855. Seguendo l'esempio di Londra, e a differenza delle precedenti esposizioni nazionali francesi organizzate sugli Champs-de-Mars, l'ingresso alla mostra fu a pagamento. I prezzi variavano di giorno in giorno: costò 1 franco dal lunedì al giovedì, 5 franchi il venerdì, 50 centesimi il sabato e 20 centesimi la domenica, unico giorno festivo per i lavoratori. Ciò significò una netta divisione di classe, l'alta società poté frequentare l'Esposizione il venerdì, lasciando la domenica agli operai e alle loro famiglie. Tuttavia, nonostante l'imperatore avesse concesso 105.000 biglietti gratuiti agli operai, paradossalmente solo 10.000 di questi furono utilizzati, segnando una distanza culturale e sociale tra la classe lavoratrice e questo tipo di eventi. Per attirare un pubblico più numeroso, furono introdotte anche delle carte sconto per gli operai e per i capisquadra che desideravano visitare l'esposizione più volte. Costavano solo 20 centesimi per tutta la settimana, tranne il venerdì, quando la tariffa rimaneva di 5 franchi ("cinque franchi è una somma che poche persone possono permettersi in Francia", secondo il relatore della Commissione Imperiale). Il mancato apporto delle fasce popolari di pubblico non consentì di raggiungere gli incassi preventivati, e la manifestazione si concluse con un pesante deficit.
Esposizione di Parigi del 1855: Ingresso al padiglione delle colonie francesi.
Esposition Univeselle des Baeaux Arts, Parigi 1855, Gran Salone della Scultura, foto di André Adolphe Eugène Disdéri, source gallica.bnf.fr / BnF.
Gran Medaglia d'Onore Esposizione Universale di Parigi 1855. Le premiazioni si tennero il 15 novembre 1855. Le medaglie riconosciute dal gran giurì furono: Medaglia, d'oro, Medaglia, d'argento, medaglia di Bronzo e Medaglia d'Onore. L'imperatore, per meriti speciali poté assegnare la Gran Medaglia d'Onore. Alla piccola delegazione delle Due Sicilie furono riconosciute 3 Medaglie d'Onore, 2 Medaglie d'Oro e 2 Medaglie d'Argento. Al napoletano Felice Abate, concorrente con Inghilterra per ragioni d'opportunità commerciale e di brevetto, furono assegnate una Medaglia d'Oro ed una d'Argento.
"Psalisometro" lo strumento di precisione per sartoria inventato da Basilio Scariano. Una delle tavole illustranti il funzionamento dello strumento allegate al brevetto inglese n. 1510 del 26 giugno 1856.
[1] Per informazioni sulla "Solenne Pubblica Esposizione di Arti e Manifatture" del 1853 vai alla pagina "Il Reale Istituto d'Incoraggiamento".
[2] Numero del 20 agosto 1853 terzo volume, seconda serie.
[3] Le Moniteur Universel, giornale ufficiale dell'Impero francese, numero 13 del 15 gennaio 1854 clicca qui per leggere l'intero articolo, (l'articolo è in alto sulla destra della pagina).
[4] Archives Nationales des Affaires Étrangères, Pierrefitte-sur-Seine (ANAEP) C.C.C., Naples T. 53 ff. 268-298.
[5] Maria Teresa Tanzarella, "Rapporti commerciali fra il regno delle due Sicilie e la Francia", pag. 302 - 303 -304 in "Il Mezzogiorno preunitario" a cura di Angelo Massafra edizioni Dedalo, Bari 1988.
[6] A.S.I.N. - Archivio Istituto d'Incoraggiamento, corrispondenza 1846 - 1853, Napoli 13 luglio 1850, il presidente dell'istituto ai fratelli Carlo e Giuseppe de Franchis.
[7] A.S.N./M.A.I.C., Archivio di Stato di Napoli/Ministero Agricoltura Industria e Commercio, fasc. 246 foglio 8111.
[8] Art.5 Réglement Géneral: Les Gouvernments étrangers seront invités à éestabilir, pour le choix, l'examen et l'nvoi des produits des leurs nationaux, des comités dont la formation ed la composition seront notifiéès, le plus tèt possible, à la Commission impériale, afin qu'elle puisse se mettre immédiatemente en rapport avec ces comités.
[9] A.S.N./MM.A.I.C., Archivio di Stato di Napoli/Ministero Agricoltura Industria e Commercio, fasc. 246 foglio 7049.
[10] A.S.I.N. - Archivio Istituto d'Incoraggiamento, domande e rapporti, 1851 - 1855, Paris, le 21 novembre 1854, De Mercey, de la Commission Impériale de l'Exposition Universelle, section des Beaux Arts; A.S.N./M.A.I.C. - Archivio di Stato di Napoli/ Ministero Agricoltura Industria e Commercio, fasc. 246, 2 dicembre 1854, il ministro dell'interno al presidente dell'istituto d'incoraggiamento; Napoli 9 dicembre 1854, il presidente dell'istituto d'incoraggiamento al ministro dell'interno.
[11] A.S.I.N. Archivio Istituto d'Incoraggiamento, corrispondenza 1841-1845 23 gennaio 1841, il vice presidente dell'Istituto F. Santangelo al Ministro dell Interno.
[12] "La Scilia all'Esposizione Universale di Parigi del 1855", Gilberto Govi pag. 75 de "Annali di statistica, economia, politica ecc. " volume quarantesimo, primo semestre 1856, fascicolo agosto-settembre, Milano.
[13] "Notice sur les produits des États Pontificaux a l'Exsposition Universelle, par Ch.de Montluisant capitaine d'artillerie" pag. 5, Paris, Imprimerie Bailly, Divry et Cie. Place de la Sorbonne, 2 - 1855. | Il barone Joseph Crepin du Havelt, membro della Commissione Pontificia per la Propaganda della Fede, terziario francescano, Cavaliere della Legion d'Onore, Commendatore dell'ordine pontificio di Gregorio Magno, membro della commissione per l'arte e gli edifici religiosi presso il Ministero dell'istruzione Pubblica e dei Culti (Francia), uomo di fiducia di Papa Pio IX in Francia, fu commissario pontificio per l'Esposizione di Parigi del 1855, sia per la sezione industriale che per quella di belle arti.
[14] Attraversare la Storia - Mostrare il presente. Il Vaticano e le Esposizioni Internazionali 1851-2015, Micol Forti, Federica Guth, Rosalia Pagliarani, Ed. Musei Vaticani, Milano, 2016. - pagina 26-27.
[15] Exposition des Produits de l'Industrie de' Toutes les Nations 1855 - Catalogue Officel Publié par Ordre de la Commission Impériale. Duxiéme Édition, Troisiéme partie pag. 385, 386 e Supplément pag. 512 . Paris, E.Panis Éditeur, 10 Place de la Bourse. Con la seconda edizione venne aggiornato il numero dei partecipanti in ragione della richiesta d'inserimento dei "ritardatari" avanzata da più Stati. Il numero totale degli espositori per l'industria e l'agricoltura presentati dagli stati italiani (Sardegna, Toscana, Stati Pontifici + Regno delle due Sicilie) fu di 440 (prima edizione catalogo 30 novembre 1854) e di 450 (seconda edizione catalogo 12 maggio 1855).
[16] La ditta Genevois nel 1855 già godeva di un'ottima reputazione in tutta Italia ebbe sede alla via Toledo n. 92/93. Con la denominazione ditta Felice Genovois & Figli ebbe una lunga vita sino al secondo conflitto mondiale. Negli anni trenta del Novecento ebbe stabilimento a Poggioreale e punti vendita al Corso Garibaldi e via Roma (antica sede di via Toledo). Vinse premi all'esposizione di Napoli del 1853, di Parigi del 1855 e del 1867, nonché alle esposizioni universali di Vienna e Filadelfia.
[17] Il Catalogo di antiche medaglie consolari e di famiglie romane di Gennaro Riccio (1855). L’illustrazione galvanoplastica a rilievo con coloritura metallica, Federica Missere Fontana, Pietro Baraldi, Paolo Zannin, Rivista MDCCC, 2, 2013, pp. 41-78 Ed. Ca Foscari.
[18] La fabbrica di corde armoniche fu fondata dal Barone Durini di Bolognano, raccogliendo l'esperienza degli artigiani abruzzesi di Salle e Bolognano, maestri nella costruzione di corde armoniche realizzate, prima con budella di ovini e successivamente di vitelli. L'arte dei maestri "cordari" della provincia di Pescara si estese all'intera Italia, con botteghe a Napoli, Roma e Genova sino ad arrivare in Francia, ove un suddito napoletano, Nicola Savarese, impiantò una fabbrica di corde armoniche a Lione nel 1776. Alla morte del barone Durini, la fabbrica di Napoli passò in gestione a Clemente Di Bartolomeo, in un secondo tempo fu gestita da Errico D'Orazio per poi ritornare, ai primi del Novecento, ad un Di Bartolomeo, Raffaele. La ditta ebbe sede in largo S. Giovanni Maggiore, 5, successivamente con la denominazione di ditta Raffale Di Bartolomeo e Soci si spostò al n. 15 dello stesso largo ed impiantando lo stabilimento alle "Cavernole" nella zona vesuviana. Negli anni trenta del Novecento cambiò nuovamente denominazione in ditta Raffaele Di Bartolomeo e Nipoti con sede in vico I Foglie a Santa Chiara n. 19. La "Di Bartolomeo" svolse la sua attività in quel perimetro del centro antico di Napoli, a ridosso del Reale Conservatorio di Musica di San Pietro a Majella, ove si annoveravano le botteghe di storiche famiglie di liutai e commercianti di strumenti musicali come i Loveri, i D'avenia, gli Abbate, i Corvino e tanti altri. (Cfr. Storia dell'Arpa, Volume primo, pag. 161, di Riccardo Ruta, Editore: A. Ruta, Aversa 1911).
[19] La presenza delle truppe Sarde fu pressoché simbolica funzionale alla creazione di uno spazio politico diplomatico al tavolo della pace. Sul piano militare le forze sabaude parteciparono ad episodi marginali ed in tutta la guerra accusarono 17 morti e 170 feriti. Il grosso delle truppe piemontesi rimase vittima del colera registrando circa 1300 morti.
[20] Annali Civili Fascicolo CXIV Luglio - Agosto 1856 pagine 136 - 138.
[21] La Royal Society for the Encouragement of Arts, Manufactures and Commerce (RSA), nota come Royal Society of Arts, è un'organizzazione fondata nel 1754, ed ancora attiva, con sede al numero 8 di John Adam Street a Londra, il cui fine è "educare l'impresa, ampliare la scienza, perfezionare l'arte, migliorare i nostri produttori ed estendere il nostro commercio", ma anche operare per "alleviare la povertà e garantire la piena occupazione".
[22] "Un antesignano dello stilista Pier Cardin nella Parigi dell'800, Basilio Scariano un sarto-inventore di Palazzo Adriano" di Bruno De Marco Spata, Palermo 2016.
[23] Rapports du jury mixte international exposition universelle de 1855, Tome I, Paris, imprimerie impériale, MDCCC LVI, pag. 157, 158 "Cocons" (Bozzoli).
Pubblicità della ditta di paste alimentari "Magnin" di Clermont Ferrand, Gran Medaglia d'Onore all'Esposizione Universale di Parigi 1855. La ditta si vantò di produrre le migliori paste alimentari avendone appreso i segreti in Italia nei cinque anni trascorsi presso i maggiori pastifici di Napoli e di Genova.
Manifesto affisso dalla prefettura di Rhone con il quale veniva reso pubblico il dispaccio telegrafico del 15 novembre 1855, diramato dal Ministro degli Interni a tutti i Prefetti, contenente il discorso pronunciato da Napoleone III in occasione della manifestazione di chiusura della Esposizione Universale di Parigi del 1855.